Venezia, 13 gennaio 2022 – Ora è tutto virtuale, ma alle spalle c’è una storia lunga e affascinante da raccontare. Dalla lanterna magica alla cinepresa, alla radice di quello che non c'è più. Carlo Montanaro ha costruito questo archivio con pazienza, lungo tutto la sua vita, con la stessa passione che lo colpì da bambino quando vide per la prima volta il teatrino dei burattini. È nata così la “Fabbrica del Vedere”, un museo incastonato in tre piani di una casa tipicamente veneziana, nascosta in calle del Forno, in Strada Nova, a pochi passi dalla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro. Tre piani zeppi di pellicole, di cineprese, di pubblicazioni, di fotogrammi e fotografie, di strumenti che oggi sembrano venuti da un altro pianeta: i diorami, i visori stereoscopici, il “mondo nuovo”. Materiali che raccontano storie, strumenti che conservano il fascino del bianco e nero, dai primi passi dell’immagine in movimento, dalla luce che filtra in un cartone per ripercorrere a tutto tondo la storia del cinema. E tra gli scaffali, negli archivi, nei cassetti, c’è anche tanta Venezia: la città che festeggia i suoi 1600 anni e che è ancora capace di trasmettere, oggi come allora, il messaggio di una città eterna, ammirata sugli schermi internazionali in tutte le sue sfaccettature.
“Attilio D’Este abitava in questa casa – racconta Montanaro, che ha insegnato teoria e metodo dei mass media all’Accademia di belle arti di Venezia, divenendone poi direttore, ed è stato inoltre docente di teoria e tecnica del linguaggio cinematografico e successivamente di restauro del cinema e dell’audiovisivo nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Ca’ Foscari – era un panettiere appassionato di cinema e questa casa conteneva delle testimonianze della storia del cinema e precinema. Quando morì decisi di acquistare la casa e il materiale presente e così ho aperto questo museo dalla fine del 2014 aggiungendo tutto quello che io possedevo e quello che ho poi comprato durante questi anni”.
L’archivio comprende una quantità estremamente eterogenea di materiali che cercano di testimoniare il “vedere” da quando è possibile riprodurre le immagini. E quindi iniziando dalle incisioni (da Canaletto alle Vues d’optiques…), passando attraverso i vetri della lanterna magica, arrivando alla fotografia, all’analisi e alla sintesi del movimento, testimoniate dalle apparecchiature del precinema, fino al cinematografo, alla televisione e al digitale. Ci sono gli esperimenti di Jules Etienne Marey, le scoperte dei fratelli Lumière, c’è l’inventore della finzione Georges Méliès, c’è il cinema muto, l’introduzione del sonoro e dei colori. C’è lo scomparso mondo della pellicola, il Cinemascope, il 70mm, la celluloide, poi acetato e infine poliestere, c’è un mondo che cambia, un mestiere che cambia, un linguaggio che cambia, ma che grazie agli sforzi di Montanaro non va perduto ma, anzi, va raccontato e fatto conoscere in questo piccolo angolo di Venezia.
La “Fabbrica del Vedere” ogni anno, insieme al fotografo Francesco Barasciutti, produce un calendario con una selezione dei materiali che conserva. Un viaggio iniziato nel 2015 con la mostra “Lanterne Magiche”, che racchiudeva una selezione di lanterne risalenti al 1800, e che prosegue oggi con la presentazione dell’ottava edizione del Calendario 2022 e della Mostra “Cineprese”, visitabile fino a fine febbraio dalle 17.30 alle 19. In mostra, ci sono quelli che Montanaro definisce “marchingegni lontani dall’idea della cinepresa”, ciascuno con la propria storia e il proprio fascino, tra cui spicca anche una cinepresa del 1903. Attraverso undici apparecchiature si ripercorre il divenire stesso della “Decima Musa”. Dall’iniziale autonomia di poco più di una manciata di secondi, ai caricatori che permettevano dai cinque ai nove minuti di ripresa continua. Tecnologie in evoluzione così come si perfeziona, con il passare degli anni, anche la “carrozzeria” degli apparecchi: dal legno stabile del mogano all’alluminio fino al piombo per arginare il ticchettio meccanico in era sonora. Oggetti che rischiano di essere dimenticati, scomparsi dai set e soppiantati dalle telecamere, il cui fascino si sta lentamente perdendo per lasciare posto alle nuove tecnologie digitali che non possono però sostituire quelle affascinanti “scatole” che racchiudono pezzi della storia del cinema e della fotografia.
Per informazioni www.archiviocarlomontanaro.com