Il Museo della calzatura dove ogni scarpa ha una storia1350 calzature femminili esposte a villa Foscarini Rossi

2 Gennaio 2023

Venezia, 2 gennaio 2023  Ogni scarpa ha una storia da raccontare. Perché non è solo un accessorio da indossare, ma dietro di sé porta un bagaglio di curiosità e aneddoti che la rendono una vera e propria opera d’arte. Ci sono i colori di Pucci che sono stati messi per la prima volta in palette fotografando le tonalità del mare di Capri, i suoi limoni e le sue bouganville, ci sono gli intarsi in legno di Christian Dior che aveva ambizioni da architetto e si ispirava al mondo dell’arredo, c’è il tacco-gioiello boule con strass realizzato per la prima volta per l’attrice e cantante tedesca Marlene Dietrich. E ancora, la scarpa “pilgrim”, con fibbia oversize ispirata alle calzature dei padri pellegrini e indossata da Catherine Deneuve nel film “Bella di giorno” e diventata la scarpa più riprodotta al mondo e icona assoluta del modellista Roger Vivier. O l’aneddoto di come sia nato da uno schizzo di Karl Lagerfeld il logo della casa di moda Fendi, la famosa FF ispirata alla voglia di rivitalizzare le pellicce: da qui Fun Fur, con la doppia F come il cognome delle sorelle Fendi. E poi c’è Yves Saint Laurent che fa una rivoluzione sociale, si impadronisce degli elementi del guardaroba maschile come la sahariana, il trench, lo smoking, il tailleur pantalone e, soprattutto lo stivale - che era prerogativa degli uomini e delle donne di malaffare - e lo dona alle donne in un momento di lotte per l’emancipazione femminile.

La seicentesca villa Foscarini Rossi, che accanto a villa Pisani spicca sulle rive del fiume Brenta, da quasi trent’anni ospita il “Museo della calzatura” voluto da Luigino Rossi, imprenditore calzaturiero, aperto nel 1993 per testimoniare, attraverso la calzatura griffata, l’evoluzione della storia del costume dalla seconda metà del Novecento. Un complesso architettonico che lascia senza fiato per i suoi affreschi e la sua maestosità e che l’imprenditore della calzatura, oggi 86 enne, ha voluto dedicare alla storia di Rossimoda, la sua manifattura, e dell’intero distretto della calzatura della Riviera.

Paradiso delle donne, espone 1350 pezzi iconici, vere e proprie opere d’arte da indossare realizzate in oltre 60 anni di collaborazione con le più grandi case di moda del panorama internazionale.

“Il museo esiste dal 1993 grazie all’intuizione di Luigino Rossi, imprenditore del calzaturificio fondato dal padre Narciso nel 1947, che ha deciso di creare questo salotto buono dove testimoniare i suoi successi – racconta Federica Rossi, curatrice del museo – il museo racconta l’evoluzione del costume attraverso questo accessorio, raccogliendo le calzature divise per griffe e mostrando così il contributo di ogni stilista all’evoluzione della moda in un determinato periodo di tempo che corrisponde agli anni di collaborazione con la manifattura”.

 

Il complesso, acquisito dal 2003 dal gruppo finanziario del lusso LVMH, accoglie oggi circa 6.000 visitatori, principalmente addetti ai lavori, ma anche appassionati, oltre ad organizzare laboratori didattici e mostre e ospitare eventi e congressi nella Foresteria adiacente.

 

Le calzature femminili sono esposte con il criterio della provenienza geografica: al piano terra gli anglosassoni con le case di moda americane, inglesi e tedesche; al primo piano i mediterranei con i francesi, gli italiani e gli spagnoli.

 

“Questo perché la calzatura è un accessorio che deve bilanciare le esigenze estetiche con quelle funzionali e ci siamo resi conto che la provenienza geografica della casa di moda condiziona una maggior propensione per gli aspetti pratici piuttosto che estetici, quindi al piano terra c’è un’atmosfera un po’ più pragmatica che viene meno al primo piano” continua Federica Rossi.

Al piano terra è esposta anche una selezione di antiche calzature proveniente dai diversi continenti, che Luigino ha acquistato nel corso dei suoi viaggi per testimoniare l’evoluzione di un accessorio che parte da un’esigenza pratica e diventa anche un modo per comunicare e un simbolo di appartenenza sociale.

Ci sono le calzature degli indiani addobbate di perline che indicano la tribù di provenienza e il ruolo all’interno di quella tribù, gli zoccoli in legno, le inquietanti scarpe delle donne cinesi dai piedi fasciati lunghe solamente 13 centimetri, un vecchio sandalo del centro America di paglia intrecciata con funzione protettiva, un “calcagnino” usato da una nobildonna veneziana, o le scarpe di betulla intrecciata in uso nei paesi freddi della Finlandia e della Russia che permettevano di camminare sul ghiaccio.

E se tutto parte da Venezia, con la scuola dei calegheri la cui esistenza è documentata sin dal 1268, la Riviera è diventata uno dei distretti delle calzature più noto al mondo per la qualità dei suoi prodotti, la professionalità delle maestranze e il gusto estetico.

“Questo territorio è caratterizzato da due frutti: la civiltà delle ville venete e il distretto calzaturiero – conclude la curatrice – queste caratteristiche influenzano il prodotto che esce da qui. Siamo circondati da un certo tipo di architettura che ha certe proporzioni, un certo tipo di gusto e un certo senso d’armonia che non possono non creare un archetipo nelle cose che facciamo. Noi siamo convinti che tutto quello che ci circonda abbia influenzato la produzione raffinata di questo territorio”.

File allegati: