A Dolo, sorgente dei Dogi, sgorgava l’oro blu di Venezia

30 Novembre 2021

Venezia, 30 novembre 2021 – L'acqua di Dolo, l'oro blu, era un tesoro per Venezia e per questo piccolo borgo della Riviera del Brenta. Linfa di vita e bene essenziale, dava vita non solo al popolo ma anche alla sua economia, sancendo nel tempo un legame unico e da secoli indissolubile, che dura e perdura tutt'oggi.

Acqua è sinonimo di Venezia, e proprio nella città galleggiante che quest'anno compie 1600 anni, quella dolce era, un tempo, introvabile. 

Veniexia è in aqua et non ha aqua, scrisse Marin Sanudo, ed è proprio per questo che attorno all'acqua potabile, l'acqua dei Dogi, si intrecciano le storie di Venezia e Dolo. 

Nel 1600, prima dell'acquedotto pubblico costruito nella seconda metà dell'Ottocento e dopo l'utilizzo di contenitori per l'acqua piovana e vere da pozzo, venne progettato e realizzato il canale Seriola, lungo circa 14 chilometri e largo quasi un metro. Da Dolo ai Moranzani di Mira, il canale faceva scorrere l'acqua, che veniva poi filtrata e chiusa in grandi botti, pronta per essere trasportata altrove.

Hinc Potus Urbi, di qui l'acqua potabile per la città, recita l'iscrizione marmorea incisa sul punto in cui il canale Seriola deviava dal Brenta, e da dove l'oro blu, l'acqua potabile, veniva caricata in burchi e burchielli diretti verso Venezia.

«Una volta trasportata in città, l'acqua dolce veniva versata nelle vere da pozzo o consegnata al Doge, diventando così un bene essenziale per Venezia» racconta Elisabetta Vulcano, fondatrice del Centro Studi Riviera del Brenta. 

Bene prezioso ed essenziale non solo per la vita dei veneziani, l'acqua di Dolo trascinava i burchielli, muoveva le paratoie delle chiuse vinciane e faceva girare la ruota di quello che nel 1500 veniva considerato come uno dei mulini più grandi d'Europa. Lavoro e ricchezza era ciò che garantiva un mulino in paese, all'epoca cinque volte più grande di quello attuale. Qui, si portava il grano raccolto dai contadini nelle campagne, che veniva poi macinato, trasformato in farina, racchiuso in sacchi, caricato nelle imbarcazioni, trasportato e venduto nei poi nei vari mercati locali.

Costruire un mulino a Dolo significò investire e riqualificare un'area fino a quel tempo sconosciuta, rimettendo in sesto le strade romane ed i canali, deviando il Brenta e rendendo il territorio percorribile in ogni condizione atmosferica. La scelta della Serenissima, da sempre pioniera in molti settori, si rivelò ben presto essenziale, a causa della scoperta dell'America, dello sviluppo dei commerci oltre oceano e delle perdite nei flussi commerciali del Mediterraneo. Così, nel giro di alcune decadi, il piccolo borgo rivierasco di Dolo si trasformò in un centro di riferimento economico e idrico, oltre che sociale, per la capitale della Serenissima, rimanendo tale anche dopo la sua caduta. 

La Seriola, infatti, continuò ad essere una delle sorgenti d'acqua principali dalle quali attingeva l'acquedotto veneziano almeno fino alla fine dell'Ottocento mentre, il mulino, elemento cardine per l'economia della città lagunare nonché del luogo, rimase attivo fino al 1989.

 

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