Venezia, 18 febbraio 2022 – I cappelli che come per magia escono da una macchina informatrice vecchia 100 anni.Vestiti d’epoca e carnevaleschi che raccontano non solo storie ma epoche e persone. Una passione per la tradizione e per i costumi che è la molla di ogni creazione che spesso si ispira a quadri e dipinti d’epoca.
L’Atelier Pietro Longhi prende nome proprio dal Settecentesco pittore veneziano che nel corso della sua vita ha creato opere che raccontano il costume aristrocratico, ma non solo, veneziano. Un luogo magico, dove sognare ad occhi aperti, dove entri una persona ma puoi uscirne un’altra. Bastano due minuti nel camerino e il gioco è fatto. Un gioco che per Francesco Briggi è serio come lo è la sua attività che soprattutto nel periodo del Carnevale di Venezia diventa frenetica e con poche ore di sonno alle spalle. Feste, noleggi, ritocchi, abiti per le Marie del Carnevale ma, soprattutto per chi questo concorso rilanciato nel 1999 da Bruno Tosi lo vince, quello della ragazza tra i 18 e i 28 anni che verrà scelta come la migliore ad interpretare il ruolo di Maria del Carnevale.
"Siamo parte integrante di questa festa dal 1994. Dal 2017 siamo l’atelier ufficiale del Carnevale di Venezia– racconta Briggi – Un ruolo impegnativo ma fantastico per chi da sempre ha amato questo mondo e questa festa. Il tema scelto quest’anno dal direttore artistico Massimo Checchetto si ispira ad una citazione di Salvador Dalì "Remember the future": una frase che mi piace molto perché interpreta al meglio quello che è il nostro lavoro qui in atelier, rievocare il passato e conservare la tradizione ma guardando avanti, al futuro. Uno spirito che fa parte del dna della Serenissima Repubblica e dei veneziani, un tesoro prezioso da non perdere e da tramandare, sì, anche con i costumi, la loro storia e il loro significato".
L’atelier è nato ventisette anni fa proprio grazie a Francesco Briggi e alla moglie Anna Zappella. Una storia, quella di questo luogo magico, dove i sogni si possono realizzare per un giorno come un viaggio nel tempo, fatta di scelte difficili in nome della qualità, dell’artigianalità, della cultura del costume e che nel tempo si è guadagnato un suo spazio e una sua fama che escono dai confini metropolitani, in Italia ma anche all’estero.
Francesco assieme alla consorte (è lei la cappellaia geniale e non matta custode della macchina informatrice) e a Raffaele Dessì, un sardo trasferitosi non ancora 18enne in laguna per studiare all’università e che ha fatto di Venezia la sua casa, sono un tassello fondamentale nel racconto dei 1600 della storia di Venezia, soprattutto in quella fase del periodo post napoleonico che, per assurdo, rappresenta uno dei più ricchi di arti, tendenze e soprattutto manifestazioni come lo è il Carnevale stesso.
Negli abiti dell’Atelier Pietro Longhi si trovano intrecciati fili d’oro, tubi di filo, stoffe, feltri, foto, stampe e modelli, che si mescolano con abiti e costumi grazie ai quali si può leggere la storia della Serenissima e di molti dei suoi personaggi.
Grazie alla coraggiosa acquisizione di una macchina informatrice vecchia di oltre 100 anni e alla passione per gli accessori di Anna, dopo un originale restauro e aggiornamento della tecnologia per tenerla in vita è nata la Cappelleria dell’Atelier Pietro Longhi. Tutt’oggi l’unica operante nel Veneto e che da oltre dieci anni fornisce, progetta, definisce cappelli ai rievocatori e collezionisti di tutta Europa compresi i giocatori di calcio della rievocazione di Firenze.
"Coniugare il gusto e la storia con il sogno di chi indosserà l’abito è uno degli obiettivi che ci poniamo quando un cliente si rivolge a noi – continua Francesco Briggi -. Un compito che la soddisfazione degli stessi clienti ci incoraggia a portare avanti, un modo per tramandare la storia e le tradizioni alle generazioni future grazie anche alle lezioni nelle Accademie ma soprattutto alla presenza costante di allievi che da tutta Europa vengono ad imparare la sartoria storica nella nostra sede di Noale dove abbiamo trasferito la produzione".
Gli occhi Francesco e di Anna si illuminano quando parlano delle loro creazioni. I racconti si confondono tra una telefonata e l’altra: richieste, metri di stoffe, prove da fissare, nuovi abiti da realizzare. Ma a brillare sono anche gli occhi di Raffaele Dessì, colui che da Pietro Longhi ha portato la sua conoscenza e lo studio del mondo della moda trasformando le creazioni in eventi, rievocazioni ma anche in forme artistiche ed esercizi di stile consentendo a chi si affida all’atelier un viaggio nel tempo non solo per il vestito che indosserà ma anche per quello e per chi rappresenta. Il tutto sempre con un preciso filo conduttore: Venezia, la sua storia, le sue tradizioni millenarie.
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