Venezia, 21 giugno 2022 – Sfuggente a qualsiasi etichetta, appassionata e colta, la veneziana Luisa Baccara fu una delle musiciste più importanti del panorama nazionale del Novecento. Alta, minuta, dai lineamenti greci e dal fascino misterioso, a soli vent’anni era la rivelazione del Conservatorio veneziano Benedetto Marcello e la musa di uno dei poeti italiani più celebri di tutti i tempi: Gabriele D’Annunzio.
Il mondo di Luisa era fatto di sinfonie, di spartiti e di note, che conosceva perfettamente già all’età di cinque anni. Figlia di un colonnello dei bersaglieri e di una tra le donne più originali ed eclettiche della borghesia veneziana del tempo, questa bambina prodigio non sapeva né leggere né scrivere quando iniziò a suonare il pianoforte per la prima volta. Suonava per ore nelle sale del Conservatorio Benedetto Marcello e cresceva, diventando, a poco a poco, una giovane donna virtuosa di talento e bellezza aristocratica.
La sua fama di pianista sublime veniva elogiata da tutti i giornali dell’epoca e si espanse oltre i confini della sua città, Venezia, arrivando fino ai cancelli del Vittoriale, la reggia del poeta Gabriele D’Annunzio che, fin da subito, si interessò al talento e alla bellezza della giovane veneziana. Lui aveva quasi trent’anni più di lei e l’aveva ascoltata suonare per la prima volta a casa di un’amica in comune, Olga Levi, rimanendone stregato.
La storia tra Smikrà (così la chiamava lui) e D’Annunzio iniziò con dei semplici complimenti dopo una magnifica esibizione, e diventò, qualche tempo dopo, una storia d’amore anticonvenzionale, fatta di ossessioni, passioni e fedeltà.
La giovane pianista veneziana e il poeta dalla fama internazionale vissero fianco a fianco per molti anni, dividendosi tra il Vittoriale e Venezia, tra il pianoforte e le poesie fino ad una sera d’estate del 1922, quando, durante un concerto privato nella stanza della musica del Vittoriale, D’Annunzio cadde accidentalmente dal balcone restando tra la vita e la morte per alcuni giorni. C’è chi sostenne fosse stato un tentativo di suicidio, chi invece accusò la stessa Luisa di aver spinto il Vate per difendere la sorella Jolanda dalle troppe attenzioni del poeta. Dopo quella notte, Luisa si chiuse in sé stessa rifugiandosi nella sua musica, passione nella quale riversava dispiaceri e delusioni.
La vita della giovane musicista veneziana scorse così, tra le mura del Vittoriale, le pene d’amore per il suo amato e la musica, fino alla morte del poeta, che la spinse a tornare alle sue origini e alla sua città: Venezia.
Tornò in quella casa che l’aveva vista crescere e muovere i primi passi nel mondo dell’arte e della musica, da sempre la sua unica ragione di vita. In solitudine, circondata da qualche fedele amico e dando lezioni private di pianoforte, Luisa visse gli ultimi anni nella sua Venezia, tra i ricordi di un amore tormentato e la serenità della sua amata città.