La vita quotidiana della Repubblica Serenissima raccontata in 67 quadri di Gabriel Bella 

15 Dicembre 2021

Venezia, 15 dicembre 2021 – Ci sono il volo del turco, la Regata Storica, lo sposalizio del mare, il Carnevale, la famosa caccia al toro, c’è la gente assiepata sulle rive, affacciata alle finestre, ci sono cortei, processioni, cerimonie di Stato. In 67 quadri c’è tutta la Serenissima nelle sue manifestazioni di popolo, civiche e religiose. Sono i dipinti del veneziano Gabriel Bella, esposti in una delle sale della Fondazione Querini Stampalia: un colpo d’occhio unico, senza paragoni, testimonianza di una vivace Venezia settecentesca, un documentario vivido che racconta con autenticità i riti e i costumi di una intera comunità, uno scorcio della Serenissima Repubblica che quest’anno festeggia i suoi 1600 anni di vita.  

“La famiglia Querini aveva un centinaio di vedute di Gabriel Bella, un artista del 1700, sulla vita pubblica e quotidiana di Venezia – racconta la direttrice Marigusta Lazzari – è quasi un reportage pittorico di Venezia con le feste, le attività pubbliche, i giochi, le regate, la presentazione del nuovo doge sulla Scala dei Giganti, il teatro Ridotto, il teatro San Beneto che oggi non esiste più, la visita del Papa a San Giovanni e Paolo, lo sposalizio alla Salute e le cacce con i tori, le varie regate tra cui quella del Redentore. E ancora: il teatro dell’arte e le varie fiere, come quella della Sensa in Piazza San Marco, il giovedì grasso in piazzetta con la costituzione di una macchina di legno e stucco piena di fuochi d’artificio, che venivano fatti esplodere alla fine della giornata e successivamente vietati perché si incendiavano i tetti, e con il volo del turco che porta l’omaggio al doge, che oggi è il moderno volo dell’Angelo. I nobili portavano la città nelle sale delle proprie ville in campagna e queste sono opere straordinarie che raccontano una città nel 1700 dal punto di vista della quotidianità”. 

I dipinti erano 100 in totale e decoravano le sale della villa trevigiana dei Querini a Campo di Pietra: di questi, 67 si sono salvati e sono esposti tutti in un’unica sala della Fondazione, mentre degli altri 33 non si ha notizia. 

Nel 1700 Venezia era “capitale” della vita mondana – si contavano oltre un centinaio  di eventi pubblici all’anno – e del Carnevale, che iniziava ad ottobre e terminava a maggio. Tra le tele più particolari spiccano “La festa del giovedì grasso in Piazzetta” dove Castellani e Nicolotti si sfidano al gioco delle Forze d’Ercole, una gara di potenza muscolare ed equilibrio che prevede di formare una piramide umana. Nel frattempo, il pubblico assiste allo “svolo del turco”: da una zattera in Bacino un acrobata, legato a una fune, si cala fino al campanile di San Marco, sale sulla cuspide ed esegue spettacolari esercizi da vero e proprio equilibrista, dopodiché scende alla loggia di Palazzo Ducale per porgere al doge un mazzo di fiori e una poesia.  

Nel dipinto “La regata delle donne in Canal Grande” si vedono gareggiare le donne di Pellestrina e Sant’Erasmo mentre gli spettatori incauti, che si avvicinano al campo di regata, vengono fatti arretrare a colpi di “balote”, le palline di terracotta usate per la caccia in laguna. 

Nelle tele di Bella trova spazio anche l’aristocrazia della prostituzione a Venezia, donne eleganti, colte, capaci di intrattenere gli uomini in conversazioni brillanti, che accompagnavano patrizi e ospiti stranieri nelle occasioni conviviali: come i “ridotti”, dove un tempo si giocava d’azzardo e che venivano tollerati dalla Serenissima. Ne “Il nuovo ridotto” Bella rappresenta il ridotto di Palazzo Dandolo dopo i restauri del 1768. Nel 1638 Marco Dandolo ottenne la prima licenza di aprire una casa da gioco pubblica nel suo palazzo a San Moisé ed è così che nacque il primo casinò. All’interno c’erano una settantina di tavoli dove si poteva giocare solo a carte e dadi: i clienti, donne e uomini e di qualunque estrazione sociale fossero, dovevano indossare la bauta, che comprendeva il tabarro (un mantello nero), un cappello triangolare (il tricorno) e la larva (una maschera bianca o nera con un velo che copriva il capo, sagomata a becco per alterare la voce ma permettere di mangiare e bere).     

Ci sono poi i momenti istituzionali, come “Il giro della piazza del doge in pozzetto” con il doge portato a spalla da ottanta arsenalotti, e “L’incoronazione del doge sulla scala dei Giganti” dove il capo dello Stato della Repubblica Veneta viene incoronato con la “zogia”, il ricchissimo corno ducale.

 

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