Un itinerario per scoprire gli antichi graffiti di Venezia che, attraversando i secoli, raccontano la quotidianità dei cittadini della Serenissima

23 Gennaio 2023

Venezia, 23 gennaio 2023 – Antichi segni lasciati sui muri e sulle colonne di Venezia, che attraversano i secoli e giungono fino a noi per raccontarci come i cittadini della Serenissima abbiano vissuto la propria città, i fenomeni naturali e le vicende storiche. Di 6 mila documentate, sono oltre 500 le tracce storiche poi confluite nel libro I graffiti di Venezia, scritto da Alberto Toso Fei e Desi Marangon e frutto di cinque lunghi anni di ricerca. In linea con il tema dell’edizione 2023 del Carnevale di Venezia, “Take Your Time for the Original Signs”, che vuole incoraggiare la capacità d’espressione e la creatività, iniziamo un itinerario tra calli e campielli della città lagunare, con una lente d’ingrandimento alla mano, alla scoperta di questa importante testimonianza dal basso della quotidianità e delle tradizioni di Venezia.

Si parte da Palazzo Ducale dove, tra gli archi della facciata, si riescono a scorgere ancora oggi i segni degli scalpellini che lavorarono alla costruzione del famoso edificio: molte volte si tratta di simboli di fantasia, altre invece sono lettere, cifre, linee o curve. Anche conosciuti come segni lapidari o marche di costruzione, testimoniano la forte identità di uno dei mestieri artigiani di Venezia e, una volta che si impara a riconoscerli, ci si accorge di come le stesse maestranze lavorassero in vari cantieri della città. Non a caso, uno dei segni presenti a Palazzo Ducale compare identico anche nei blocchi di pietra bianca della chiesa di San Zaccaria, famosa per la sua cripta sommersa dalle acque.

Spostandosi verso la Porta della Carta, invece, inciso sul cordolo della colonna interna del portico si può intravedere un piccolo teschio con tibie di fattura pregevole, sormontato da un’elegante croce, a ricordo della fragilità dell’essere umano. E pare che proprio qui, sulla panca più vicina alla Porta, sotto al graffito del teschio, amasse sedersi e volesse essere ritratto il celebre compositore tedesco Richard Wagner, che tra il 1858 e il 1883 fece lunghi soggiorni a Venezia.

“W Marco Giustiniani” si legge su uno dei pilastri davanti alla Biblioteca Marciana. Correva l’anno 1678, e al primo scrutinio venne eletto alla carica di doge il nobile Marcantonio Giustinian, che però in precedenza aveva espresso la volontà di prendere i voti. Si tratta di uno degli esempi di manifesti post elettorali realizzati per celebrare ed esultare all’elezione del nuovo doge della Serenissima: dipinti a mano o stampati con l’aiuto di matrici, questi graffiti sono sempre sormontati da una zogia, il tipico copricapo dogale.

In Calle della Canonica, invece, sono state incise moltissime gondole, navi e galee sulla cornice di un portone: tra i soggetti più comuni in città, è probabile che venissero realizzate come ringraziamento per aver avuto salva la vita dopo un viaggio in mare; ma si pensa anche che siano state tracciate da viaggiatori, in quanto costituivano un panorama indelebile nella loro memoria. Inoltre, una particolarità delle raffigurazioni di navi e galee a Venezia è che l’acqua e le onde non vengono mai disegnate sulla chiglia, dettaglio che invece compare comunemente in dipinti, manoscritti e bassorilievi.

Anche nei pressi di Rialto, cuore mercantile e finanziario della Serenissima, i graffiti dei cittadini veneziani non mancano, e sono legati soprattutto al potere, non solo a quello ducale ma anche a quello reale dei Savoia. Sulla prima colonna interna delle Fabbriche di Rialto, ad esempio, campeggia la scritta “W Nicolò Contarini”, doge eletto nel 1630 che, a distanza di qualche mese, si ritrovò a fronteggiare una delle peggiori epidemie di peste, che mise in ginocchio tutti i territori della Serenissima. A pochi passi di distanza, invece, si legge “A Roma ci siamo e ci resteremo”: si tratta di un’importante testimonianza risalente agli anni successivi all’unificazione d’Italia e alla conquista di Roma del 1870.

Ma i graffiti si trovano anche nella Venezia minore, dove scorre tranquilla la vita dei cittadini. Il Sotoportego del Traghetto, a San Canciano, riesce ancora oggi a raccontarci delle straordinarie storie legate alla quotidianità nella Serenissima, dalle tracce lasciate dai traghettatori a fenomeni metereologici anomali. “L’anno 1867 lì 15 gienaro l’acqua venuta a Venezia” recita la parte superiore di una delle prime colonne: è la cronaca di una marea che, secondo le stime attuali, arrivò a 153 centimetri, restando impressa nella mente dei veneziani. A qualche passo di distanza, un’altra mano anonima ci trasmette invece la cronaca di una delle rare glaciazioni lagunari: “Eterna memoria dell’anno 1864 del giaccio veduto in Venezia che se sta sule fundamente nove a san Cristoforo andava la gente [in] priusision che formava un liston”.

Tracciati da diverse mani e di epoca variabile, i segni lasciati in Campo Santi Giovanni e Paolo sono ancora visibili sul portale della Scuola Grande di San Marco, oggi sede dell’Ospedale Civile. Sullo stipite sinistro, ad altezza occhi, veleggia infatti un magnifico galeone ricco di dettagli, con un’insolita prospettiva frontale per la poppa, piccole finestre aperte e una bandiera con al centro una croce. A qualche centimetro di distanza si legge invece di un fatto storico: “Adi 21 otobre 1357 fu privato di vita Bernardo dito gallo a orechi. Fev[a] m[i] chino in Venezia”: secondo fonti storiche, questa cronaca si riferisce a Bernardo Gallo, “grand’huomo di mare” morto nel corso di uno degli scontri con i padovani nel corso del Trecento.

Anche sullo stipite destro compaiono delle imbarcazioni: una galeazza seicentesca e una gondola con il felze, la tipica copertura uso fino al secolo scorso. Poco più in là, si scorge invece una figura ben nota delle leggende popolari veneziane, il “Levantino”, vestito di una lunga tunica e un turbante, che regge un coltello in una mano e un cuore umano nell’altra. Appare anche il simbolo @, utilizzato nel Settecento con il significato di “Addì”, cioè “il giorno” e affiancato appunto dalla data del 1745.

 

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