Venezia, 12 aprile 2022 – I preziosissimi e affascinanti costumi di scena del teatro giapponese del XIV secolo, il teatro nō, diventano protagonisti di una mostra a Venezia che rafforza lo stretto legame tra la città lagunare e il Paese del Sol Levante.
Fino al 3 luglio 2022, la città dai 1600 anni di storia accoglie per la prima volta al Museo d’Arte Orientale Ca’ Pesaro una speciale esposizione di abiti, intitolata “Trame Giapponesi. Costumi e storie del teatro nō”, che – attraverso dipinti, stampe, fotografie, documenti, costumi, strumenti musicali e maschere – racconta al pubblico un importante pezzo di storia del teatro giapponese in un dialogo diretto con Venezia, prima città europea in cui ha debuttato negli anni ’50 del Novecento.
È stato proprio in laguna, nel 1954, che il teatro giapponese è arrivato per la prima volta in Europa grazie al 13esimo Festival Internazionale del Teatro della Biennale di Venezia.
La gran parte degli oggetti e delle opere esposte fanno parte della collezione del museo, a sua volta costituita per lo più dalla raccolta del principe Enrico di Borbone Parma; a questi si aggiungono prestiti da collezioni private oltre a una serie di fotografie inedite di Fabio Massimo Fioravanti, che dal 1989 porta avanti un lavoro di ricerca sul teatro nō.
Quella che si può ammirare al Museo d’Arte Orientale Ca’ Pesaro è una raccolta di costumi di scena, realizzati in oro e in seta, finemente ricamati e abbelliti da motivi che rimandano a elementi naturali e celesti, acquistati fra il 1887 e il 1889 durante il viaggio di Enrico di Borbone in estremo oriente. Conservati nei depositi del museo, gli abiti non sono mai stati esposti nel loro insieme fino ad ora.
“Ogni tipologia di abito è adatta ad un determinato ruolo di scena, il costume non racconta solo il ruolo, ma a volte anche l’età e la posizione sociale di un personaggio - commenta la curatrice Marta Boscolo Marchi - In realtà, il costume deve attirare l’attenzione dello spettatore e rappresenta la varietà e lo splendore a fronte di una scena molto sobria in legno, sempre fedele a se stessa”.
Fra le trame dei preziosi tessuti sono intrecciate anche storie delle vicende narrate dal nō: sono storie che prendono ispirazione dalle leggende, dai poemi letterari della tradizione giapponese che vengono poi sviluppate dal dramma messo in scena. Tra queste, c’è quella di una fanciulla, Hagoromo, che chiede la restituzione della sua veste di piume al pescatore che l’aveva trovata nella pineta di Miho e che gliela rende solo a patto che la donna celeste balli per lui. Una vicenda che viene rievocata da una cappa da danza in esposizione, proveniente dal museo di antropologia di Padova e restaurata per l’occasione: un costume straordinario che, nella sua trasparenza, mette in luce l’utilizzo e il grande valore di questo abito.
I costumi di scena sono accompagnati da un’esposizione di maschere realizzate in legno con una lamina di metallo, provenienti dalla collezione Renzo Freschi di Milano. Sono oggetti dal valore straordinario che, abbinati agli abiti, determinano il ruolo, l’età e la posizione sociale di un personaggio. L’azione scenica si sviluppa anche attraverso l’accompagnamento del canto, del coro e degli strumenti musicali che danno vita a una sequenza dinamica di suoni, conferendo coerenza all’intera rappresentazione.
A chiudere il percorso della mostra è un allestimento fotografico con 18 scatti inediti di Fabio Massimo Fioravanti che catturano alcuni momenti salienti della rappresentazione e della gestualità degli attori, non solo sul palcoscenico ma anche dietro le quinte.