Venezia, 2 marzo 2022 – Carnevale e contro Carnevale. A Venezia era così. Contro i bagordi delle maschere e per scongiurare i peccati carnevaleschi, intervenivano numerosi parroci, il nunzio e il patriarca con funzioni religiose e processioni che venivano celebrate soprattutto durante il giovedì e il martedì grasso. Nelle chiese di San Salvatore, San Silvestro, della Pietà, dei Teatini alla Tana, di San Francesco della Vigna e dei Gesuiti si esponeva il Santissimo Sacramento e si rivolgevano le preghiere a Dio, mentre dall’oratorio degli Incurabili, alle Zattere, si snodava una processione suggestiva, che si svolgeva via acqua. Lo racconta Lina Urban nel suo libro “Processioni e feste dogali”, che traccia una mappa delle celebrazioni festeggiate quando Venezia era Serenissima. La Repubblica di San Marco, che vanta 1600 anni di storia, più di qualsiasi altro stato europeo contava infatti il maggior numero di processioni e cortei, che abbinavano il culto civico a quello religioso e traevano origine da fatti storici, come ringraziamento per cessazioni di calamità o per solennizzare l’elezione del doge.
Tra queste, appunto, figurano anche le processioni durante il periodo del Carnevale, che vedevano scendere in campo i predicatori contro gli eccessi dei divertimenti. Il giovedì grasso, in Basilica di San Marco, veniva cantata una messa, detta della battaglia o della caccia, mentre in una stampa del 1682 si vede il Bacino di San Marco con barche e burchielli sulle quali si ergono delle allegorie che rappresentano la penitenza.
Con la Quaresima, infatti, iniziava poi il periodo di penitenza in preparazione della Pasqua e nelle chiese veneziane i predicatori invitavano i fedeli alla privazione e al sacrificio. Ma Venezia era una città aperta come poche al divertimento e quindi, col Mercoledì delle Ceneri, dopo i tripudi del martedì grasso, ricominciavano in sordina certi divertimenti propri della Quaresima: i simposii, che consistevano in “passeggi, regate, corsi (sfilate), di barche e degustazione di piatti primaverili a base di pesce e insalate”. Di giorno si correvano regate su barche a un remo in canale della Giudecca, di sera i veneziani partecipavano ai corsi di gondole o di barche a quattro remi nei canali cittadini, principalmente lungo quello di San Pietro di Castello. In questo periodo, nelle principali chiese si preparavano i fedeli con particolari funzioni alla Pasqua: i quaresimali e gli oratori. Inoltre, tutti i veneziani si recavano, per fare penitenza, ai cosiddetti perdoni, che si svolgevano in molte chiese. I teatri erano rigorosamente chiusi: si poteva assistere solo a concerti vocali e strumentali, dedicati alla musica sacra, nei quattro “ospitali” cittadini (Mendicanti, Incurabili, Derelitti o Ospedaletto e Pietà), nati nel Medioevo e nel Rinascimento per assistere i poveri e i fanciulli abbandonati, che nel Settecento divennero dei veri e propri conservatori musicali, dove si esibivano le celebri “putte o figlie del coro”.
Ma pochi sanno che a metà Quaresima risorgeva per un giorno il Carnevale con un appuntamento alquanto insolito: una sorta di caccia alle donne vecchie e più rimbambite. Come ricorda Pietro Gradenigo, era un passatempo quaresimale per la plebe, che tuttavia denunciava una grande crudeltà. A queste cacce seguiva poi l’esposizione, su un palco di alcuni campi cittadini, di simulacri di vecchie in atto di filare, costruiti con stracci, supporti lignei e abbigliati in modo vistoso. All’imbrunire, queste figure venivano segate a metà busto tra suoni di trombe e tamburi e da queste usciva una grande quantità di “frutta e confezioni”.
Simbolicamente, si condannava a morte quella che era indicata come la più decrepita del sestiere, ma era anche un rito da collegarsi agli usi propiziatori pagani all’aprirsi della nuova stagione.