Venezia, 24 settembre 2021 – Il pane più conosciuto al mondo? La baguette francese. A Venezia, invece, la rosetta si fa ancora a mano. È il simbolo della pace, della fame e anche della ricchezza. È un alimento base nell’alimentazione di tutti i popoli, che vanta una storia lunga diecimila anni. Un prodotto apparentemente semplice, ma così importante sulle tavole di tutte le civiltà che sarà il protagonista della terza edizione di “Pane in Piazza”, sabato 25 e domenica 26 settembre in Piazza Ferretto, il cui ricavato sarà devoluto all’Anfass. La manifestazione – promossa da Confcommercio Mestre con l’Associazione dei Panificatori di Venezia e Provincia, in collaborazione col Comune di Venezia, Vela, Camera di commercio e Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia – quest’anno è dedicata ai 1600 anni di Venezia.
“Una manifestazione che facciamo non solo per far conoscere il prodotto pane, ma soprattutto per far vedere cosa succede in laboratorio, come si lavora, come nasce – spiega Massimo Gorghetto, presidente di Confcommercio Mestre e dell’associazione Panificatori di Venezia e Provincia ma anche del Veneto – L’artigianalità attira sempre molta gente, la manualità, il fatto di vedere la gente che lavora dà un significato diverso alla nostra attività”.
Per due giorni il centro di Mestre ospiterà una trentina di panificatori provenienti da tutta Italia che, col supporto di una ventina di studenti dell’Istituto Berna, daranno vita a un vero e proprio forno all’aperto da cui saranno sfornate grandi quantità di pane, pizze, dolci e prodotti da forno. Ci sarà poi un mini-laboratorio per bambini, che potranno mettere letteralmente le mani in pasta, sabato dalle 16 alle 19 e domenica dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 18. Quest’anno, uno stand ospiterà l’organizzazione internazionale Ambassadeurs du Pain che ha diverse filiali nel mondo e che propone un modo di panificare diverso da quello attuale, richiamando metodologie e prodotti di una volta: a Mestre sarà presente Piergiorgio Giorilli che è il referente per l’Italia ed è considerato il miglior panificatore del mondo.
“Il pane della tradizione, le rosette, gli sfilatini, i montassù fatti con farine di tipo 0, resta quello più cercato dai clienti – commenta Gorghetto – ma il pane, se lavorato bene, con i suoi tempi, è tutto buono: il grave è che tanta gente non lo sa e compra quello che proviene da congelamento e viene dorato all’ultimo minuto. Magari anche caldo fa voglia ma, siccome salta tutti i processi di lievitazione e fermentazione, poi fa male allo stomaco. Il pane ha una caratteristica fondamentale: più lunghi sono i tempi e migliore diventa. Per esempio, mio padre mi ha insegnato a farlo con le “bighe”, che non è altro che un impasto fatto di acqua e farina e pochissimo lievito, fatto adesso ma viene utilizzato domani mattina, poi va reimpastato e gli si aggiungono tutti gli ingredienti che servono. Il pane ha tempi lunghi di fermentazione, di lievitazione, e così facendo vengono assorbiti tutti gli zuccheri”.
In Italia ci sono circa 22mila aziende di panificatori, in provincia di Venezia se ne contano circa 400 e in Veneto siamo sull’ordine dei 2500. “Abbiamo avuto anche noi le crisi e tante chiusure, ma sono anche dettate dalla mancanza di ricambio generazionale, perché è un lavoro duro che richiede di iniziare a lavorare alle 2 di notte, e in alcuni casi dalla non capacità di adeguarsi ai tempi – continua – Oggi i tempi sono cambiati anche il panificatore deve proporsi in modo diverso, ricercare prodotti nuovi, adattarsi ai gusti dei tempi, avere un bel negozio. Anche il panificatore è un imprenditore della panificazione e come tale deve essere in grado di conoscere i costi aziendali, saper formare chi vende, avere un quadro a 360 gradi di quella che è l’azienda”.
Pur essendo un alimento che è sempre presente sulla tavola di tutti gli italiani, oggi il pane viene acquistato più per gusto che per necessità. Come ricorda Gorghetto, una volta si compravano uno o due chili di pane al giorno per fame, mentre adesso il consumo pro capite giornaliero è di 80 grammi e la media nazionale a famiglia è di 3 etti.
A volte bandito dalle tavole per motivi dietetici, da qualche anno il pane ha avuto una sorte di riscatto anche grazie alla riscoperta dei cosiddetti grani antichi e nelle case degli italiani sono comparse farine integrali, di segale, grano duro, grano saraceno, khorasan. “La farina 00 è stata demonizzata ma ha un unico difetto – spiega Gorghetto – essendo eccessivamente raffinata perde tutti i suoi valori nutrizionali. Era molto usata nel dopoguerra, era considerata il pane dei signori perché era pane bianco e bello, oggi non si usa quasi più, anche nei panifici non viene più prodotto pane con farina 00. C’è un ritorno ad usare farine molto più grezze, che hanno un sapore completamente diverso”. In qualunque modo venga realizzato, di fatto il pane resta l’alimento base nell’alimentazione. E proprio per sottolineare questo aspetto, sabato alle 17, nel chiostro del Museo M9, si terrà “Pane nelle religioni”, il convegno intitolato “Dialogo tra esponenti delle confessioni cristiane sul valore sacro e sociale del pane nei 1600 anni di storia e... di futuro della comunità di Venezia”, che vedrà confrontarsi la chiesa cattolica, quella greco ortodossa e degli armeni mekhitaristi. Sarà inoltre esposta la scultura “Pane nel mondo”, realizzata dai panificatori lombardi, una scultura che rappresenta un mondo fatto di pane. “Il significato è ovvio – conclude Gorghetto – il pane c’è e deve esserci sempre in tutto il mondo”.
LINK VIDEO INTERVISTA: https://youtu.be/T_qKem99lXA