Venezia, 11 ottobre 2021 – “Toy lo pesse e frigello, toy zevolle e lessale un pocho e taiale menude, po’ frizelle ben, poy toli aceto et aqua e mandole monde intrigi, et uva passa, e specie forte, e un pocho de miele, e fa bolire ogni cossa insema e meti sopra lo pesse”. Così scriveva un cuoco anonimo nel 1300 per raccontare la ricetta del “Cisame de pesse”, che altro non è che l’antesignano di ciò che oggi è notoriamente conosciuto come il saor. Il libro si intitola “Anonimo veneziano”: scoperto da Ludovico Frati, conservatore dei manoscritti della biblioteca universitaria di Bologna, fu pubblicato per la prima volta nel 1899. In totale oltre 130 ricette che raccontano di una cucina medievale veneziana dove a farla da padrone sono le spezie.
Lo sanno bene Anna Santini e Andrea Michelon, una sorta di docenti chef dell’Istituto Venezia, che insegnano l’italiano attraverso la cucina. Perché è un modo per trasmettere una cucina tradizionale che conserva, in ogni singolo ingrediente, un pezzo di storia quotidiana, perché dietro ad ogni ricetta si nasconde un patrimonio di storia e arte, perché molti studenti vogliono andare alla ricerca dell’essenza, dell’originalità di Venezia, lungo tutti i suoi 1600 anni di storia.
E così, dal mese di settembre, gli studenti possono sedersi immaginariamente a tavola con un personaggio famoso: il doge Enrico Dandolo, la poetessa Veronica Franco, il libertino Giacomo Casanova e la veneziana di adozione Peggy Guggenheim. Si parla di Venezia, del contesto storico, si cucinano i piatti che probabilmente loro stessi mangiavano e poi si cena insieme.
Ed è proprio all’epoca di Dandolo che si inserisce l’“Anonimo veneziano”, tra piatti profumatissimi che odorano di Oriente e di terre lontane, pollastri, brodi, “savori”, “herbe” o “specie” bone”, zenzero, cannella, agresto, mandorle e latte di mandorla, pesce, miele e molto altro ancora.
Tra questi, Anna e Andrea spesso scelgono il saor più antico della storia, il cisame de pesse appunto, e l’ambroyno di pollo, un piatto che non esiste più nella cucina veneziana e che vedeva la presenza di datteri, prugne, mandorle, dell’agresto (un succo di uva acerba), del lardo, dello zafferano. Riprodurli non è semplice, ma il gusto si avvicina sicuramente a quello che doveva essere in origine.
“Il cisame de pesse è la prima testimonianza di quello che sarà il nostro saor ed è anche molto simile negli ingredienti, solo che all’epoca usavano le mandorle pelate al posto dei pinoli, il miele e spezie forti – raccontano – mentre l’ambroyno è una ricetta che si perde probabilmente verso la fine del 1500, quando c’è il crollo del mercato delle spezie a Venezia. In tutte le ricette c’è l’aggiunta delle spezie, anche in maniera esagerata, e un eccesso di mandorla e di latte di mandorla. D’altronde, la cucina originale veneziana era una cucina “fusion”, che prendeva le materie prime locali e le mescolava seguendo influenze arabe, ottomane, levantine, ebraiche, armene, greche. Forse oggi non si sono salvati gli stessi piatti che sono citati nei libri, ma il concetto di “fusion” si è mantenuto ed è stato trasmesso fino ad oggi”.
La curiosità è che spesso le ricette contenute nell’Anonimo sono pensate per 12 persone, perché pare si faccia riferimento al pranzo dei ghiottoni di Nicola Salimbeni, un cuoco che trascrive le ricette per 12 ghiottoni che dilapidano le loro fortune in ricchi e succulenti banchetti. Un libro di fine 1200, andato perduto, che secondo alcuni filologi viene ripreso, appunto, in alcune ricette dell’Anonimo veneziano. Tra profumi, padelle, acqua che bolle, cipolla che scrocchia, gli studenti entrano in contatto con una Venezia a tutto tondo.
“Vengono qui perché cercano l’autenticità, non vogliono le contaminazioni ma la ricetta vera, originale – concludono Anna e Andrea – i tedeschi sono quelli che più di tutti adorano Venezia e l’Italia, la cultura, l’arte, la cucina; poi anche gli svizzeri, gli austriaci, gli olandesi hanno una grande passione per Venezia. Gli americani amano l’Italia ma bisogna smontare molti preconcetti che hanno, come il fatto che nostra cucina sia piena di aglio o che nella carbonara ci vadano i funghi”.
Il piatto preferito? Per tutti, e sopra tutti, c’è il “re” della cucina veneziana, il baccalà mantecato con la polenta, che si gioca il podio con la parmigiana e l’amatissimo tiramisù.
LINK VIDEO INTERVISTA: https://youtu.be/DGGTNV_Q8ao