Il Carnevale di Venezia nei dipinti

17 Febbraio 2022

Venezia, 17 febbraio 2022 - Il Carnevale di Venezia è anche nei dipinti, è racchiuso nei colori e nelle tele dei pittori che hanno voluto immortalare le gesta della Serenissima anche nei momenti più sfarzosi e celebrativi della sua storia. Un racconto su tela richiesto dai committenti veneziani o voluto dagli stessi pittori per raccontare quello che accadeva in piazza, tra i campi e i palazzi veneziani.

Francesco Guardi, Pietro Longhi e Gabriel Bella sono i tre pittori del Settecento che il Carnevale lo hanno reso immortale nelle loro tele con il volo del turco, la famosa caccia al toro, il teatro dell’arte e le varie fiere, il Giovedì Grasso in piazzetta, le feste nei Ridotti e le serate in villa. 

Guardando il dipinto di Francesco Guardi “Il doge assiste alla festa del giovedì grasso in Piazzetta” lo spettatore può fare un salto nel passato e ritrovarsi nel Settecento durante una delle manifestazioni più importanti per Venezia. Ci si può immaginare in mezzo alla folla, con un vestito d'epoca a cercare di scorgere il Doge intento a guardare la storica corrida con il toro che ogni Giovedì Grasso si svolgeva davanti a Palazzo Ducale. La corrida era un rito sacrificale del toro che celebrava però la vittoria del doge Vitale Michiel II sul patriarca Ulrico di Aquileia e i suoi dodici feudatari ribelli. Per anni i successori del patriarca dovettero inviare in dono alla Serenissima un toro, dodici pani e dodici porci.

Ma a testimoniare che la corrida fosse una festa del Carnevale è l’illustrazione di Giacomo Franco che risale al 1610, “Le celebrazioni in Piazza San Marco per il giovedì grasso”.

Il Carnevale a Venezia è sinonimo di festa non solo in piazza e in campo ma anche nei palazzi e nelle case chiamate allora Ridotti. Ai tempi della Serenissima i veneziani si riunivano in luoghi che altro non erano quelle che adesso vengono chiamate case da gioco.

Allora il loro nome era appunto Ridotto e per vederli dobbiamo affidarci anche questa volta ai dipinti dei pittori: Francesco Guardi dedicò varie tele al ridotto di Palazzo Dandolo, il più alla moda di Venezia, frequentato assiduamente anche da Giacomo Casanova. I nobili non si facevano riconoscere perché indossavano le tipiche maschere del Carnevale della baùta, le donne erano irriconoscibili dalla maschera della moretta. Gli unici senza maschera erano i veneziani chiamati "barnabotti" che nel Ridotto lavoravano. Ma nel ridotto non si giocava solo a carte, almeno è quello che il pittore ci lascia intendere nei particolari della scena ritratta. 

Ma il pittore delle maschere per eccellenza è Pietro Longhi che nel Settecento ha ritratto le scene di vita quotidiana di una Serenissima in festa e mascherata secondo tradizione e storia. 

Suo è il dipinto che potrà mettere su tela la fritola veneziana, dolce tipico del Carnevale e di ogni momento festoso della Serenissima. Il dipinto, La venditrice di frittole, del 1750 si trova a Ca’ Rezzonico, Museo del Settecento Veneziano.  La venditrice di frittelle (in veneziano fritole) ne infilza quattro in uno spiedo prendendole da un cesto ricolmo. Accanto a lei, un ragazzino porta sulle spalle un secondo catino altrettanto pieno. I volti sono assai vivaci e divertiti, quasi caricaturali, e l’atmosfera ricorda un po’ una scena di una commedia di Goldoni (una delle protagoniste dell’opera Il Campiello, ad esempio, era una venditrice di fritole). 

Suo anche il dipinto Il rinoceronte, che Longhi ritrae come attrazione del Carnevale in grado di attirare molti curiosi. I visitatori di ogni età, infatti, accorrevano ad osservare lo strano animale. Nel dipinto compaiono giovani, anziani e donne in maschera. Il rinoceronte altro non è che uno spaccato del Carnevale del 1751: l carnevale veneziano, che all'epoca durava circa tre mesi, nei vari 'casotti' allestiti in Piazza San Marco si susseguivano curiosità e venditori di vario genere: burattinai, maghi, astrologi, ciarlatani. Fra le attrazioni principali c'erano anche animali esotici come leoni, elefanti e, in questo caso, un rinoceronte. L’animale esotico in questione si chiamava Clara ed era arrivata a Venezia con Douwe Mout van der Meer, un capitano della compagnia delle indie olandesi, l'aveva portato con sé dal Bengala facendone ben presto un'attrazione che fece tappa in tutte le principali città europee fino al 1758, anno della morte di Clara.

Il ritratto del Rinoceronte è stato commissionato da Giovanni Grimani, come ricorda il cartiglio sulla destra del dipinto: non a caso il nobiluomo veneziano possedeva nella sua villa in terraferma una sorta di zoo privato con numerosi animali esotici (lo stesso soggetto fu commissionato al pittore anche da Girolamo Mocenigo, il dipinto è oggi conservato alla National Gallery di Londra). 

Il Carnevale si trova anche in una sala della Fondazione Querini Stampalia, catturata dal pennello del pittore del Settecento Gabriel Bella. In 67 quadri custoditi in una sala c’è tutta la Serenissima nelle sue manifestazioni di popolo, civiche e religiose come la famosa caccia al toro, la gente assiepata sulle rive, affacciata alle finestre. E ancora: il teatro dell’arte e le varie fiere, il Giovedì Grasso in piazzetta con la costituzione di una macchina di legno e stucco piena di fuochi d’artificio, che venivano fatti esplodere alla fine della giornata e successivamente vietati perché si incendiavano i tetti, e con il volo del turco che porta l’omaggio al doge, che oggi è il moderno volo dell’Angelo. 

Tra le tele più particolari spiccano “La festa del giovedì grasso in Piazzetta” dove Castellani e Nicolotti si sfidano al gioco delle Forze d’Ercole, una gara di potenza muscolare ed equilibrio che prevede di formare una piramide umana. Nel frattempo, il pubblico assiste allo “svolo del turco”: da una zattera in Bacino un acrobata, legato a una fune, si cala fino al campanile di San Marco, sale sulla cuspide ed esegue spettacolari esercizi da vero e proprio equilibrista, dopodiché scende alla loggia di Palazzo Ducale per porgere al doge un mazzo di fiori e una poesia.

L’aristocrazia veneziana era solita anche festeggiare nelle lussuose ville dell’entroterra. E a ricordarci questa usanza è il dipinto “Il Minuetto” di Giandomenico Tiepolo, figlio del più noto Giambattista, che del 1756 raffigura appunto il ballo del minuetto durante una festa dell’aristocrazia in una villa veneta. Immortalati qui i personaggi della Commedia dell’Arte: Pantalone con il tabarro nero e le calze rosse al centro del dipinto; e Colombina, la giovane mascherata subito di fronte a lui. Sulla destra si vede anche la tradizionale baùta.

 

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