Venezia, 5 dicembre 2022 – Prima usato nei lanifici per raffinare la lana poi diventato, grazie a un’intuizione veneziana, prodotto cosmetico. Nasce in laguna il “Bianco di Venezia”, uno dei primi saponi per la persona al mondo, famoso per la sua qualità ed esportato dalla Serenissima in tutto il mondo allora conosciuto. I veneziani scoprono il sapone ad Aleppo, un prodotto a base di grassi vegetali, e lo trasformano in laguna, aggiungono le essenze profumate e lo essiccano lentamente, al riparo dal sole. È il primo sapone per l’igiene personale, profumato, realizzato con materie prime di altissima qualità, che verrà prodotto a Venezia per secoli ed esportato in tutte le rotte della Serenissima.
Si calcola che nel Cinquecento fossero attivi a Venezia ben 40 saoneri, riuniti in corporazione, che producevano ed esportavano ogni anno diverse centinaia di tonnellate di sapone per l’uso “industriale” nei lanifici ma, soprattutto, una grande qualità profumata utilizzata per l’igiene personale con una formula più raffinata.
Un’arte che viene gelosamente tutelata dalla Repubblica, che nei secoli sviluppa nei suoi confronti una politica protezionistica: per cercare di preservarne la qualità della produzione e tutelare la categoria, fin dal 1347 le autorità veneziane vietano ai propri mercanti di esportare sapone non prodotto nei saponifici della Repubblica. Nel 1489, il Senato stabilisce che il sapone debba essere fabbricato solo a Venezia e proibisce importazioni di sapone estero in tutto il territorio della Serenissima. Tutto il sapone di Venezia viene bollato con un apposito marchio che veniva fornito dalla magistratura preposta e per chi introduce saponi falsi sono previste pene molto severe.
Il sapone veneziano è di ottima qualità perché utilizza olio d’oliva - che arriva a Rialto dai frantoi delle Marche, dell’Abruzzo e soprattutto della Puglia - e perché i saoneri sono molto richiesti e ben pagati all’estero. Il “Bianco di Venezia”, grazie all’olio di oliva, è solido e bianco e profuma delle essenze su cui Venezia ha il monopolio, mentre i saponi prodotti altrove, ottenuti utilizzando sego e potassa, sono molli, scuri e maleodoranti.
Nel 1550, il Senato arriverà a criticare l’esodo dei lavoratori verso l’estero e cercherà di richiamarli in patria, promettendo loro di non applicare le dure sanzioni previste, il bando e la perdita di tutti i beni, e nel 1614 prospettando anche un aumento di retribuzione. Ma non si riuscirà ad ostacolare la crisi di questo settore, condizionato dalle variazioni delle tariffe del dazio dell’olio che spingeranno il sapone veneziano fuori mercato.
Nel 1700 la produzione del sapone sarà ancora una delle voci più importanti per le esportazioni delle manifatture veneziane con quasi 500 tonnellate, per un valore medio che si aggira attorno ai 100.000 ducati, ma la destinazione sarà ormai quasi esclusivamente costituita dallo Stato da Terra.