Alte mezzo metro e decorate con nidi, frutta e sculture le parrucche erano un simbolo di potere e vanità

14 Novembre 2022

Venezia, 14 novembre 2022 – Era il 1668 quando il nobile veneziano Scipione Vinciguerra di Collalto, al ritorno da un viaggio a Parigi, fece una passeggiata in Piazza San Marco sfoggiando sulla testa l’accessorio che per un secolo e mezzo dominerà la scena della moda. Con Vinciguerra arrivò per la prima volta a Venezia e in Italia la parrucca. Nata per coprire la calvizie del sovrano francese Luigi XIII, la parrucca divenne ben presto uno status symbol, segno di ricchezza e di potere, da sfoggiare in tutte le occasioni mondane. Ed è nel Settecento che esplose la moda delle parrucche più bizzarre, quando nel 1723 diventarono non solo ad uso esclusivo degli uomini ma anche delle donne, che diedero libero sfogo alla creatività e alla vanità: capigliature imponenti, alte più di mezzo metro, in grado di trasformare completamente la testa e decorate dalle sculture più fantasiose e bizzarre. Non solo nastri, ma vere e proprie impalcature con nidi di uccelli, fiori artificiali, frutta, ritratti, gioielli, fil di ferro e navi in miniatura. 

Una moda che fin da subito il Consiglio dei Dieci della Serenissima cercò di contrastare, tanto da arrivare, non potendone sradicare l’uso ormai consolidato, a istituire una tassa annua, nel 1701, che tuttavia non ebbe alcun riscontro. Il patrizio Erizzo diseredò il figlio Nicolò perché portava il tanto contrastato copricapo, ma nel 1709 il doge Giovanni Corner sdoganò la parrucca, indossandola per la prima volta e legittimandola quindi come accessorio nell’abbigliamento ufficiale del nobiluomo veneziano. 

Prima create con capelli veri che le giovani popolane vendevano per guadagnare qualcosa per vivere, successivamente vennero realizzate in crine di cavallo e di capra o in pelo di yak: per gli uomini il colore era bianco o grigio, ma le donne osavano di più, facendole ricoprire anche di cipria non solo bianca e grigia, ma anche di color biondo, rosa, azzurro e viola.   

La parrucca veneziana fu in principio molto bassa, ma di anno in anno aumentò in altezza, volume e guarnizioni. A Venezia il parrucchiere divenne una delle figure più ricercate dalle dame. I parrucchieri erano non solo acconciatori ma anche consiglieri e detentori dei segreti della moda, delle ultime tendenze e dei segreti delle nobildonne stesse, esperti di capelli ma anche di astrologia per poterli accorciare nel momento in cui la luna era propizia. In centro storico venivano chiamati “Illustrissimo” o “Monsù”, derivato da Monsieur, possedevano vere e proprie botteghe, ma tutti si recavano di palazzo in palazzo per prestare i loro esclusivi servizi alle dame più ricche e influenti. I parrucchieri furono aggregati all’arte dei barbieri nel 1435 e, secondo un censimento del 1762, pare che a Venezia ce ne fossero quasi un migliaio.   

Il più famoso fu monsieur Galibert, soprannominato il “Sultano”, che aveva un salone in Piazza San Marco e coordinava uno stuolo di apprendisti e garzoni: per arrivare ad avere un appuntamento nella sua bottega, bisognava iscriversi a una lista d’attesa lunghissima e le sue creazioni avevano dei prezzi che solo le dame ricchissime potevano permettersi.  

L’uso della parrucca tramontò del tutto dopo l’arrivo di Napoleone Bonaparte, perché simbolo di uno stile di vita aristocratico decaduto, e per le donne iniziarono ad andare di moda riccioli naturali e cuffiette.