Venezia, 20 maggio 2021 – Prende il via sabato 22 maggio la 17esima edizione della Mostra internazionale di Architettura, a firma del curatore Hashim Sarkis. La Biennale di Venezia torna ad animare alcuni tra gli spazi più belli di Venezia, l’Arsenale e i Giardini di Castello, promuovendo artisti e tendenze internazionali. Una tradizione fortemente radicata nel territorio con uno sguardo sempre rivolto al futuro, che fa parte della storia di Venezia e da cui non si può prescindere.
Nel frattempo, nei giorni, a Forte Marghera è stata inaugurata How will we play together?, un progetto dedicato al gioco presentato da cinque partecipanti in concorso alla Biennale Architettura 2021. Gli spazi di Forte Marghera ospitano una sezione Biennale dei bambini, dove forme e materiali diversi invitano a giocare, arrampicarsi, nascondersi ed esplorare. L'esposizione si compone di cinque installazioni: Off Fence; The Playful Eight; Social Equibria; Field of Lines; Level-313.9.
LA STORIA
Il 22 aprile del 1895 nasce la prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, in seguito chiamata “La Biennale” dalla cadenza della manifestazione, alla presenza dei regnanti Umberto I e Margherita di Savoia. La decisione di dare il via a una simile manifestazione viene presa un anno prima dall’Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Riccardo Selvatico, che delibera - durante l’adunanza consiliare del 19 aprile - di istituire per l’appunto un’Esposizione Biennale Artistica Nazionale, da inaugurare “il 22 aprile 1894”.
Nel Consiglio Comunale del 30 marzo vengono assunte le prime decisioni: adottare il sistema degli inviti; riservare una sezione dell’Esposizione anche agli artisti stranieri; ammettere, dietro scelta di una giuria, opere di artisti italiani non invitati.
Il 6 aprile il sindaco Selvatico bandisce per l’anno successivo la prima Esposizione e il 10 aprile l’economista e letterato Antonio Fradeletto è nominato Segretario generale. Durante l’inverno 1894-1895 si procede alla costruzione del palazzo dell’Esposizione ai Giardini di Castello, su progetto dell’architetto del Comune Enrico Trevisanato, mentre la facciata neoclassica porta la firma del pittore veneziano Marius De Maria.
L’esposizione del 1895 è un trionfo di pubblico: i visitatori superano le 200 mila presenze. Contribuiscono al successo i biglietti speciali ferroviari di andata e ritorno che includono l’ingresso al Palazzo dell’Esposizione, che apre i battenti appena in tempo per la cerimonia d’inaugurazione.
LA NASCITA DEL PADIGLIONE VENEZIA
Il Padiglione Venezia è uno spazio espositivo creato all’interno dei Giardini della Biennale per accogliere mostre d’arte decorativa, dedicate in particolare alla produzione artistica veneziana. Questa nuova iniziativa si propone dunque di incentivare soprattutto l’artigianato artistico veneziano.
Inaugurato in occasione della XVIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte del 1932, il Padiglione viene costruito lo stesso anno su progetto dell’architetto veneziano Brenno Del Giudice nella zona dell’isola di Sant’Elena che si presenta naturalmente come lo spazio più̀ adatto ad accogliere i nuovi padiglioni della Biennale. Nello stesso anno vengono infatti costruiti, sempre nella stessa area e ancora su progetto di Del Giudice, anche quelli della Polonia e della Svizzera.
Il Padiglione Venezia risulta essere l’elemento centrale e di raccordo di tale complesso e viene a trovarsi in una posizione privilegiata e scenograficamente suggestiva: al di là del canale e in asse con il ponte che collega i Giardini della Biennale a Sant’Elena.
La costruzione del Padiglione avviene in anni particolarmente significativi per la Biennale. Una nuova generazione di architetti (tra cui Gio Ponti, Marcello Piacentini, Duilio Torres, lo stesso Brenno Del Giudice) reimposta il problema dell’allestimento con un riordino razionale degli spazi che elimina i residui floreali, annulla le policromie, si affida alla semplicità degli elementi architettonici, rende funzionale lo spazio espositivo alla valorizzazione dell’opera o dell’oggetto esposto. Ma, allo stesso tempo, avviene anche in un clima di vera e propria rinascita della Biennale che allarga i propri confini, estende il proprio interesse al di là delle Arti visive che pure sono all’origine della propria attività e della propria affermazione internazionale.
La nascita del Padiglione Venezia, infatti, è strettamente legata alla fervida e instancabile attività dell’Istituto Veneto per il Lavoro. Per tracciare sinteticamente la storia dell’Istituto Veneto per il Lavoro bisogna risalire al maggio del 1915 quando, ad opera di alcuni “volenterosi” veneziani, viene data vita ad una società anonima per azioni che prende il nome di “Associazione per il Lavoro”. Questa si proponeva, senza scopo di lucro, di lenire la disoccupazione operaia veneziana incentivando l’artigianato e le piccole industrie. Il capitale sociale è sottoscritto in misura prevalente dagli imprenditori Gian Carlo Stucky e Angelo Gino Toso.
Il Padiglione Venezia è stato restaurato nel 2011 dal Comune di Venezia, che ne gestisce lo spazio e realizza le esposizioni. Il restauro filologico, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Venezia, è durato poco più di due mesi e ha interessato pressoché tutta la struttura.
“SAPERE COME USARE IL SAPERE”, PADIGLIONE VENEZIA, 17. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA, BIENNALE DI VENEZIA, 2021
In un momento così difficile per tutta la comunità umana, la lotta per il presente si deve armonizzare con la visione del futuro. Perché l’inaspettato shock che ha travolto le nostre quotidianità, ha azzerato anche molte certezze e abitudini. Le nostre vite sono state separate dai contesti in cui operavano e le relazioni sociali sono state sospese.
Mai come prima è diventato, quindi, importante domandarci come ricostruire quello che abbiamo perso, come trasformare la tragedia in opportunità, come ripensare al meglio lo spazio in cui vivere. Mai come prima è stato importante domandarci:
Come vivremo insieme? Come vivremo bene insieme? Creando armonia tra uomini e ambiente in cui vivono. Un futuro prossimo fatto di luce, cultura, bellezza, armonia e contratto spaziale.
Questi sono in sintesi i concetti attorno a cui verterà il Padiglione Venezia ai Giardini della Biennale per la 17. Mostra Internazionale di Architettura.
Il progetto, curato da Giovanna Zabotti con la collaborazione del commissario Maurizio Carlin, si muoverà in una continua sperimentazione di luoghi e di spazi, luoghi di visione e, allo stesso tempo, di realtà quotidiana. La Biennale, luogo libero di sperimentazione, di provocazione, di pensiero, diventa un luogo di domande: Cos’è la città? Perché si vive insieme? Nuove stazioni, luoghi terzi nel senso più ampio del termine.
Protagonista principale di questa edizione sarà l’Architetto Michele De Lucchi, con le sue Earth Stations, luoghi non luoghi, stazioni da cui partire, con destinazione la Terra, immagini visionarie con cui poter alimentare la statica fantasia dell’architettura, una riprogrammazione dello spazio legato alle esigenze cangianti al fine di dar vita a luoghi in cui lo stare è esso stesso apprendimento, perché oggi non basta sapere, ma serve sapere come usare il sapere. E dove ricercarlo.
Attraverso la riprogrammazione della società, seguendo le suggestioni di Emilio Casalini, giornalista, perché le basi del vivere bene insieme poggiano anche sul miglioramento delle reali condizioni di benessere, autonomia ed equità. Il 1° spazio è quello di convivenza: contratto sociale e spaziale. Il 2° è la complessità del mutamento in atto. Il 3° è l’azione dell’architettura per creare ordine, armonia, bellezza che diminuisca le frizioni e quindi sia acceleratore di economia locale. Il 4° spazio è la visione delle possibilità delle suggestioni. Lo spazio e il territorio diventano un territorio unico da ripensare: dentro le città, fuori delle città, tra le città, un luogo continuo. La bellezza esterna crea bellezza interna. E viceversa.
Oltre alla mostra principale nel Padiglione Venezia, ci sarà un’iniziativa voluta anche questa dal Sindaco, Luigi Brugnaro e promossa dal Comune di Venezia. “Artefici del nostro tempo”, un concorso attraverso il quale si invitano i giovani artisti interessati a rispondere all’interrogativo: How will we live together? il tema generale di questa edizione.