Venezia, 22 giugno 2021 - Dietro le mura il verde, le vigne, lo sguardo che si perde sulla laguna. Quello che emoziona di più è il silenzio. San Francesco della Vigna è un angolo di Venezia ancora intatto, che colpisce per la sua genuinità. Protagonista indiscusso di questo piccolo quartiere urbano di Castello è il convento dei frati Francescani minori: varcarne la soglia significa immergersi in una quiete immota e surreale, separata dal clamore dei vicini istituti scolastici. San Francesco della Vigna è Venezia e Venezia non sarebbe tale senza questo lungo sodalizio che affonda le sue radici nel 1200. La città scelta a fine 1400 da Aldo Manuzio per la sua attività di stampa, lui che fu un pioniere dell’editoria, che dalla Serenissima diede un impulso di modernità a tutta l’Europa.
I pochi frati rimasti si occupano della chiesa, del convento e della biblioteca che è cresciuta nel tempo fino a diventare un punto di riferimento per gli studiosi di teologia. La biblioteca oggi custodisce oltre 200mila volumi, di cui 45mila antichi, provenienti da 11 fondi di vari conventi soppressi nel Veneto, tra cui spicca San Michele in Isola, dove è stata ritrovata l’ultima copia rimasta del primo Corano stampato in arabo a Venezia. A fare da “guardiano”, da guida e da direttore di questo enorme patrimonio è Fra Rino Sgarbossa.
“Si tratta dell’unica copia rimasta della prima stampa del Corano in caratteri mobili, fatta a Venezia dalla famiglia Paganino nel 1537-38 – spiega Fra Rino – è un libro estremamente semplice dal punto di vista estetico, ma molto importante per i suoi contenuti. È l’unico esemplare attualmente attestato di questa edizione. Certamente apparteneva a uno studioso di lingue semitiche medio orientali, Teseo degli Albonesi, il quale appunto ci aveva tramandata la conoscenza che a Venezia era stato fatto un primo tentativo di stampa del Corano. Come sia arrivato ai frati non ci è noto. La prima documentazione che abbiamo è che nella seconda metà del 1700 apparteneva a un convento francescano soppresso, Santa Maria delle Grazie di Conegliano, da lì viene spostato a Vittorio Veneto, poi durante le soppressioni austriache la biblioteca subisce vari spostamenti: il convento ritorna di proprietà dei frati verso la fine dell’800 e negli anni Cinquanta del 1900 viene spostato a San Michele in isola, insieme ad altre cinquecentine. Una volta chiusa la nostra presenza a San Michele in isola arriva a San Francesco della Vigna dove viene attualmente conservato”.
Quella del convento è una lunga storia, fatta di soppressioni e ampliamenti, che ha segnato l’Ordine lungo gli ultimi 800 anni.
“I frati sono in questo luogo dal 1254, probabilmente lo erano anche qualche anno prima perché Marco Ziani nel testamento dona il terreno coltivato a vigna a un ordine religioso, tra cui anche i frati, e scrive che i frati sono presenti da molto tempo – racconta – dopo questa donazione i frati costruiscono un primo conventino e una chiesa in stile gotico che verrà completamente trasformata successivamente. Nella seconda metà del 1400, la zona comincia ad essere popolata anche per lo sviluppo dell’Arsenale e i frati sentono il bisogno di ingrandire il convento e affiancano al primitivo conventino due chiostri e nel mezzo costruiscono una sala che sarà per sempre biblioteca, quasi fosse il cuore del convento diciamo, e subito dopo costruiscono il grande chiostro che attualmente costituisce l’orto. Nel 1600 costruiscono un’altra ala ancora che era adibita a farmacia, infermeria e lanificio per realizzare gli abiti dei frati, una zona demolita dopo che il convento è diventato caserma, quindi dopo il 1810”.
I frati ritornano a San Francesco nel 1883 e riprendono la vita conventuale. “Un momento importante della storia di questo convento è l’arrivo dell’Istituto di Studi Ecumenici che è una facoltà di teologia, incorporato alla Pontificia Università Antonianum di Roma di cui facciamo parte – continua – grazie a questo istituto anche la biblioteca ne risente positivamente, perché prima era sostanzialmente a servizio dei frati, poi ha cominciato ad ampliarsi e ad aprirsi al pubblico per fare un servizio regolare come una qualsiasi biblioteca pubblica. Con l’arrivo dell’Istituto la biblioteca si specializza soprattutto in opere di carattere ecumenico e viene creata una seconda sala. A partire del 2000 i frati del Veneto decidono di chiudere alcuni conventi per motivi numerici e scarsità di vocazioni: si decide, insieme con la Soprintendenza regionale, di far portare qui i vari fondi antichi dei vari conventi che vengono soppressi. In questo modo si passa dagli iniziali 40mila volumi antichi a quasi 200mila attuali di cui 45mila antichi. Nel 2003 ha aderito a Sbn, entrando a far parte del Polo bibliotecario regionale del Veneto, quindi il nostro catalogo può essere consultabile da chiunque”.
Nei nuovi depositi climatizzati ci sono incunaboli, cinquecentine, libri del 1600 e 1700, miniature, prime edizioni o edizioni rarissime e testi sottoposti a censura, oltre alla parte più moderna: ad un vasto numero di titoli di teologia e filosofia, si aggiungono antichi volumi di storia di Venezia, atlanti, manoscritti, corali e primi esempi di stampa. Ogni fondo ha il suo spazio, i libri non sono mischiati tra di loro e tra i manoscritti ne restano ancora molti da catalogare, forse 10mila.
La biblioteca pullula di autentici capolavori di perizia, di incisioni, di assemblamento, di ricerca: ci sono libri estremamente particolari come la seconda edizione assoluta di una Bibbia poliglotta, in quattro lingue, del 1570-1572, a cui hanno lavorato 60 operai per due anni, oppure la Bibbia interlineare con la lingua originale e la traduzione da destra a sinistra. Ci sono gli atlanti acquarellati di Blaeu, il cartografo ufficiale della Compagnia delle Indie, che insieme ai figli ha dedicato la sua vita alla cartografia, alla produzione di globi, di atlanti o di illustrazioni di città; c’è la più grande raccolta di illustrazioni di città, realizzata in sei volumi da Braun tra la fine del 1500 e inizio del 1600 dove le città vengono riprodotte o dall’alto, stile satellite, o a volo d’uccello. E ancora: la biblioteca conserva la prima Bibbia stampata a Venezia nel 1476, ma anche il primo portolano stampato in Italia con la teoria del marcatore, un’opera di Robert Dudley. Sono bellissimi i 160 manoscritti musicali, i cosiddetti corali, in pergamena o carta, di fine 1400 inizio 1500, che aprono una finestra sulla vita liturgica dei frati e del loro canto “frato”. Ma la biblioteca è anche un vero e proprio percorso della storia del libro, dal manoscritto alla stampa, un excursus sulle diverse tipologie di caratteri mobili, dalla scrittura gotico romana così difficile da leggere al carattere tondo latino, fino al corsivo introdotto da Aldo Manuzio, l’uomo che nel 1400 seppe dare un contributo significato allo sviluppo dell’editoria e che fu il pioniere dei libri tascabili con l’invenzione del formato “ottavo”.
Per informazioni e visite: https://www.bibliotecasanfrancescodellavigna.it
LINK VIDEO INTERVISTA: https://youtu.be/HijzdmRg3cs