Venezia, 7 settembre 2022 – Stelle del cinema che giocano in spiaggia, che passeggiano rilassate in Piazza San Marco, o che festeggiano la conquista della prestigiosa Coppa Volpi alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. E poi c’è lui, un giovane Paul Newman in barca a Venezia, un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Sono gli scatti custoditi nell’archivio Cameraphoto Epoche di Vittorio Pavan, che ha lavorato alla Mostra del Cinema come fotogiornalista fino alla fine degli anni ’80, immortalando attori e registi nella loro quotidianità di stelle del cinema.
In calle del Cafetier, tra più di 300.000 preziosi negativi che ritraggono la vita lagunare, dai tuffi dei ragazzini nel Canal Grande, agli elefanti che passano da un ponte all’altro in occasione del Circo Togni, o alla terribile alluvione del 4 Novembre 1966, i più memorabili sono forse quelli scattati ai divi che hanno percorso i red carpet della Mostra del Cinema di Venezia. Attori che, però, preferivano farsi ritrarre in pose spontanee, magari camminando in giro per la città lagunare, e che non avevano timore di firmare qualche autografo ai numerosi fan e curiosi che affollavano la spiaggia davanti all’Hotel Excelsior.
Sean Connery alla guida di un taxi acqueo, ma anche Alberto Sordi all’interno della Biennale d’Arte nel 1958. E le divine del cinema, da Charlotte Rampling a Monica Vitti, belle, naturali, semplici, gioiose. “Io gli dicevo un po’ come mettersi, di parlare, ma la maggior parte di loro sapeva già muoversi, non erano imbarazzati”, spiega Vittorio Pavan, proprietario dell’archivio Cameraphoto Epoche con un passato di fotogiornalista alle spalle.
Tra le foto più belle custodite nella sua bottega c’è anche quella scattata da Celio Scapin, in cui un rilassato e sorridente Paul Newman siede in barca, con San Marco sullo sfondo, mentre si reca alla Mostra del Cinema del 1963. “È diventata famosissima”, racconta, “io la chiamo la ‘Gioconda delle foto’. Ho visto un servizio di una trasmissione in America, dicono che è uno dei più bei ritratti fatti nella storia. È una delle foto che abbiamo acquisito noi, ho il negativo”.
A passare per l’obiettivo dell’ex-fotogiornalista anche gli eventi sfarzosi della Hollywood di una volta, con i rinfreschi all’Excelsior e a Torcello. “La cosa più bella che ho seguito è il tributo a Ingrid Bergman: hanno fatto una festa che è durata tre giorni, c’erano Walter Matthau, Liza Minelli, e tanti altri attori. È stata una festa pazzesca”, commenta Pavan. “Eravamo accreditati, c’erano 4 fotografi. E ci siamo passati 3 giorni con loro”.
Vittorio Pavan inizia a fare il fotografo quasi per caso, a 14 anni, andando di bottega in bottega alla ricerca di lavoro e spargendo la voce. La sua lunga carriera comincia proprio a Cameraphoto, agenzia fotografica veneziana fondata nel 1948 da Dino Jarach, tra fotografi del calibro di Celio Scapin, Claudio Gallo, Walter Stefani e Claudio Stigher, i suoi maestri. Quando approda alla Mostra del Cinema è un diciassettenne.
“Ero emozionato, anche perché c’erano i colleghi più anziani ed esperti, e io gli andavo dietro e mi intrufolavo”, ricorda il fotografo, che davanti alle stelle del cinema non si è mai sentito veramente in soggezione e ha capito presto che se voleva fare un bello scatto doveva anche imparare a sgomitare.
Ma, al tempo, fare il fotogiornalista non era un mestiere facile, si doveva essere sempre disponibili e non si avevano orari. E specialmente per la Mostra del Cinema di Venezia era una corsa contro il tempo per consegnare le foto.
“Il bianco e nero era l’unico modo rapido per dare gli scatti ai giornali, a colori il processo era molto più lungo”, rivela l’ex-fotogiornalista. “C’erano le staffette: uno restava lì a fotografare, un altro prendeva i rullini e correva a stampare. A volte si stampava anche con il negativo bagnato, lo si rilavava il giorno dopo e lo si archiviava. Chi prima arrivava, prima vendeva. Poi si attaccava una carta gommata, si correva alle poste e si faceva una telefoto, che veniva trasmessa a Milano, Torino o dove doveva arrivare. Dall’altra parte si ricostruiva l’immagine: passava su un rullo, che era come uno scanner dell’epoca, e la ricevevano a puntini, tutta ricostruita”.
Custodite in scatole di cartone, queste immagini scattate tra il 1948 e la fine degli anni ’80 rivelano dunque un lato segreto e certamente più spontaneo dei 90 anni di Mostra del Cinema di Venezia.