Venezia, 1 luglio 2022 – È una tiepida sera di settembre del 1913, e nel punto in cui il Canal Grande si allarga verso la laguna, nei pressi di Punta della Dogana, una flottiglia di gondole intasa la via acquea. A bordo si scorgono individui dai complicati costumi che, impazienti, non vedono l’ora di scoprire quali nuove avventure riserverà loro il luogo in cui sono diretti. Ad accoglierli c’è una donna alta e sottile vestita da principessa persiana, con un diafano costume argento e oro: è la marchesa Luisa Casati, prima inquilina di Palazzo Venier dei Leoni e famosa, a Venezia come in tutto il mondo, per i suoi spettacolari ricevimenti. Ereditiera e musa di artisti famosissimi, protagonista indiscussa della Belle Époque, la nobile milanese dallo stile di vita spesso estremo e fuori dalle convenzioni del tempo resta ancora oggi l’incarnazione di una figura femminile tra le più stravaganti e raffinate che la città lagunare abbia mai visto.
Nata nel 1881 da una ricca famiglia di produttori di cotone, a 19 anni sposa il marchese Camillo Casati Stampa. Ben presto però il ruolo di brava moglie comincia a starle stretto e l’incontro con il celebre Gabriele D'Annunzio, avvenuto durante una battuta di caccia, rende questa insoddisfazione un punto di rottura col suo passato. “Voglio diventare un’opera d’arte vivente”, affermerà successivamente la nobile e, prendendo maggiore coscienza di sé, decide di mostrare al mondo intero la sua eccentrica personalità. Taglia i capelli e li tinge di un acceso rosso fuoco, inizia ad usare la cipria per un incarnato ancora più chiaro ed evidenzia i suoi grandi occhi verdi con un marcato trucco nero: il suo è un cambio di look totale e iconico.
Come molti altri prima e dopo di lei, Luisa giunge a Venezia perché attirata da una fantasia: considera la città lagunare un luogo di bellezza ultraterrena che fluttua magicamente sul mare, e spera di trovare qui un mondo parallelo in cui fuggire dal tedio della sua vita aristocratica. Così nel 1910, incoraggiata dallo stesso D’Annunzio, acquista quello che al tempo è un fatiscente Palazzo Venier dei Leoni, per plasmarlo secondo la propria esigente immagine estetica.
Volendo preservare all’esterno il fascino gotico dell’edificio, con i suoi muri in pietra bianca invasi d’edera e il tetto pieno di buchi, la marchesa Casati ristruttura solo l’interno della residenza, impreziosendone i corridoi con marmo chiaro, lampadari in vetro di Murano e tende di merletto dorato. Oltre il salone principale, tinteggiato d’oro e scintillante di specchi, si apre un giardino sommerso dalla vegetazione in cui si aggirano numerosi animali esotici come un boa, che Luisa ama avvolgere attorno al collo come fosse una sciarpa, ma anche pavoni bianchi addestrati, levrieri di razza e merli albini colorati secondo il tema delle sue feste. Ma l'animale che forse è rimasto più impresso nella memoria di tutti è il mansueto ghepardo, che con il suo passo felpato la segue ovunque in città e la accompagna nei tragitti in gondola. Secondo alcuni veneziani del sestiere di Dorsoduro il felino è la maniera della nobile di omaggiare il leone che, secondo la leggenda, viveva nel giardino durante la costruzione di Palazzo Venier.
Questo è dunque l’ambiente fantastico in cui vengono catapultati gli ospiti degli incontri mondani di Luisa, diventati in breve tempo materia di leggende locali. Persino in una città famosa per il Carnevale e le feste in maschera come Venezia non c’è niente di simile agli spettacolari ricevimenti della marchesa, in cui viene rappresentato, secondo la moda dell’epoca, un incontro tra Oriente ed Occidente tanto elaborato e sgargiante quanto la storia della città lagunare.