Venezia, 30 giugno 2022 – Venezia, la città della Serenissima, per secoli regina dello Stato de Mar e dello Stato de Tera, è anche la città dove si trova il più importante campo trincerato d’ Italia dopo quello di Roma. Racchiusa tra le mura in cemento armato dei dodici forti, si cela la storia plurimillenaria di questa città, del suo entroterra e dei suoi soldati, che hanno combattuto fianco a fianco dando la vita per la loro patria.
Metter piede in uno dei forti veneziani oggi, più di cent’anni dopo la loro costruzione, è come tornare indietro nel tempo, a quando nei cunicoli freddi, fatti di muri spessi, che collegano i magazzini e le varie stanze del forte, i soldati veneziani armati di rivoltelle e fucili, correvano svelti pronti a difendere la loro città dal nemico. Sembra ancora di sentirli, i colpi dei fucili nemici che si infrangono contro le mura di cemento armato dei forti, scalfendole, sì, ma senza mai distruggerle.
Una storia militare che iniziò nel 1862, quando per la prima volta tra i vertici dell’esercito italiano si avanzò l’ipotesi di costruire delle strutture fortificate, proprio come quelle francesi, vere e proprie cittadelle militari utilizzate per difendere le città d’oltralpe, i cui confini erano minacciati dall’esercito prussiano. Passeranno però dieci anni prima che al Ministero della Difesa si approvino i progetti architettonici per la realizzazione dei forti italiani, nonostante il conclamato fallimento di queste opere belliche fosse stato testimoniato dalla sconfitta della Francia, caduta di fronte all’esercito nemico.
Si preparava così l’Italia, alla vigilia dei due conflitti mondiali, schierando un piano di difesa fatto di campi trincerati estesi da nord a sud, da Venezia a Civitavecchia. E proprio Venezia era la piazza fondamentale che, se ben difesa, avrebbe bloccato l’avanzata del nemico, concedendo all’esercito italiano tempo per riorganizzare un contro attacco e per avere, forse, la meglio sui nemici.
Poggia le sue fondamenta su un’area un tempo paludosa, il primo e più grande tra i dodici forti del campo trincerato. Con i suoi 48 ettari, Forte Marghera occupa quello che un tempo era il borgo di “Margera” (ovvero il mare c’era), dove i veneziani conservavano le merci destinate al centro città. Una zona strategica questa, grazie alla presenza del Canal Salso che collegava “Margera” alla città di Venezia, un vero e proprio ponte tra terra e mare. Quasi 90 anni dopo, il via definitivo al progetto del campo trincerato di Mestre con i forti Tron, Brendole, Carpenedo, Poerio e Bazzera prima, e i forti Pepe, Cosenz Mezzacapo, Sirtori e Poerio, poi. Esteso, sviluppato lungo un’ampia area di terraferma, nei dintorni di Venezia e delle sue isole, questo progetto militare ampio e complesso venne interamente completato nel 1918 a ridosso dello scoppiare della Prima Guerra Mondiale. I lavori della struttura difensiva veneziana vennero definiti addirittura “colossali”, attirando l’attenzione delle più alte cariche di Stato, tra cui quella del Re Vittorio Emanuele III e del generale Viganò, ex ministro della guerra, che nel giugno del 1910 decisero di lasciare i loro uffici romani per recarsi a Venezia e toccare con mano i risultati del progetto militare.
Un progetto ambizioso e apparentemente ben riuscito, che però, come nel caso francese, non fu in grado di far fronte alle nuove tecniche di attacco nemiche utilizzate durante la Prima Guerra Mondiale, rivelandosi inadeguato rispetto ad un combattimento nuovo, attivo, lontano dall’idea dei conflitti bellici del XVIII secolo. Così, alla vigilia del secondo conflitto mondiale i forti, da luoghi di combattimento attivo, assunsero la funzione di depositi e polveriere, magazzini dove conservare munizioni utilizzate durante gli attacchi ed i conflitti a fuoco che si svolgevano altrove.
Dal dopoguerra in poi, smilitarizzazioni, ristrutturazioni e riqualificazioni hanno caratterizzato la nuova vita di gran parte dei forti del campo trincerato, riscrivendo la storia di edifici ormai abbandonati e segnati dallo scorrere del tempo. Da strutture militari, magazzini colpi di armi a fucine di cultura, centri per il reinserimento sociale, punti di riferimento per la cittadinanza locale e per le istituzioni, i forti continuano ad essere dei veri e proprio cardini per la società veneziana.