Venezia, 14 gennaio 2022 – In principio era lo “sciamito”, una sorta di broccatello, un velluto senza pelo: poi, nel 1300, alcuni tessitori di Lucca chiesero asilo politico a Venezia e da qui ebbe inizio un artigianato che ancora oggi esercita un enorme fascino in tutto il mondo. Nel 1500 a Venezia c’erano 6000 telai che producevano il velluto e migliaia di persone che lavoravano nei laboratori e nelle case. Tonnellate di fili di seta e mani esperte davano vita a disegni che ancora oggi sono di grande attualità.
E quella della Tessitura Bevilacqua è una storia che inizia più di cinque secoli fa, almeno nel 1499, quando compare in un dipinto di Giovanni Mansueti, intitolato “San Marco trascinato nella Sinagoga”, un cartiglio che contiene i nomi dei committenti dell’opera, tra cui un certo “Giacomo Bevilacqua, tessitore”. Ufficialmente, la Tessitura Luigi Bevilacqua nasce nel 1875 in un palazzo, in fondamenta San Lorenzo, che un tempo era stato la sede della Scuola della Seta della Serenissima, abbandonata all’inizio del secolo a causa di un decreto napoleonico che, nel 1806, aveva chiuso tutte le corporazioni artigiane di Venezia. Oggi la Bevilacqua è la più antica tessitura in attività in Europa e utilizza gli originali telai del 1700 della Scuola della Seta, dando vita a preziosi velluti soprarizzo con le stesse tecniche imposte dai Dogi che si sono susseguiti alla guida della città che festeggia i 1600 anni dalla sua fondazione.
“Il nostro punto di forza è che siamo gli unici a produrre un tessuto mantenendo gli stessi standard qualitativi di un tempo, perché produciamo il tessuto originale, dopo 130 anni, ancora allo stesso modo – spiega l’amministratore delegato Alberto Bevilacqua – la storia documentata della nostra famiglia parte dal bisnonno, che nel 1875 ha fondato ufficialmente la società, anche se tracce di nostri antenati ci sono già dalla fine del 1400. La società è passata di mano in mano attraverso sei generazioni, gestita anche da altri membri della famiglia Bevilacqua”.
All’inizio del Novecento, la Bevilacqua aveva oltre cento tessitrici, oggi ci sono 18 telai e 7 tessitrici che hanno il difficile compito di creare, con infinita pazienza, pochi centimetri al giorno di velluti che andranno ad abbellire case, show room e chiese ma saranno anche indossati sulle passerelle dell’alta moda.
“Un tempo uno dei più importanti committenti era la Chiesa, poi il velluto fu introdotto nella moda dalla stilista Roberta di Camerino con la borsa Bagonghi e ultimamente c’è un importante ritorno nell’alta moda – continua Bevilacqua – collaboriamo con i più importanti stilisti italiani e stranieri”.
Entrare oggi nella sede della tessitura Bevilacqua, nel sestiere di Santa Croce, significa fare un tuffo nel passato tra orditoi, telai in legno, fili di seta coloratissimi e un archivio storico che vanta più di 3500 campioni e di “messe in carta”, ossia i disegni tecnici che contengono le informazioni necessarie a forare le schede.
Per produrre un velluto bisogna, infatti, partire dal disegno del motivo che si vorrà realizzare. Ogni foro corrisponde ad un filo e ogni scheda rappresenta mezzo millimetro del disegno del tessuto da realizzare.
“Una volta c’erano dei ragazzini sopra i telai che muovevano i fili su ordine del tessitore o della tessitrice, nel 1803 il francese Jacquard ha inventato queste macchine che vanno a leggere delle schede perforate – spiega l’amministratore delegato – Ad esempio, per un disegno con un rapporto di 1,5 metri sono necessarie più di 3.000 schede forate”.
Parallelamente alla realizzazione del disegno, si procede con la preparazione del telaio, che può richiedere fino a sei mesi di lavoro e l’annodatura a mano di 16.000 fili. Una volta che l’ordito è stato caricato sul telaio, le bobine sono al loro posto, le schede forate sono state inserite, è il momento di cominciare a tessere. Un lavoro di precisione e di pazienza, lunghissimo, che può richiedere anni per soddisfare un cliente: come nel caso del restauro del Palazzo Reale di Dresda. “Ci abbiamo messo tre anni, dal 2017 al 2019, per realizzare, con tre telai, 720 metri di velluto a mano cremisi su un campione originario che avevano salvato – ricorda Alberto Bevilacqua – Lo abbiamo rifatto uguale, con le stesse caratteristiche tecniche”.