Venezia, 3 dicembre 2021 – Ci sono i testamenti, da cui emerge la paura di morire senza aver messo in ordine i propri beni; ci sono i provvedimenti della Serenissima per tutelare le arti; c’è la missiva – sottoscritta da Benjamin Franklin, da Thomas Jefferson e John Adams – trasmessa al Senato di Venezia nel 1784, per il tramite di Daniele Dolfin, dove si auspica un trattato di amicizia fra gli Stati Uniti e la Serenissima; ci sono i disegni a penna e acquerello, del 1500, della laguna fra la foce del Sile e il canale di San Felice. E poi la prima attestazione del nome di Arsenale, la compravendita di uno schiavo di 16 anni per 25 ducati d’oro, il registro con cui si istituisce il Ghetto, la proposta – scritta di pugno da Baldassarre Longhena – di edificazione della Basilica della Salute, una chiesa dalla forma completamente originale per Venezia, che si ispirava all’idea della corona del Rosario. Con i suoi 80 chilometri di scaffalature, l’Archivio di Stato di Venezia, adiacente alla Basilica dei Frari, è un inestimabile scrigno di segreti, di documenti e di storie lungo i 1600 anni della Serenissima Repubblica. Tutta la vita di Venezia trova spazio in questi scaffali. Per omaggiare Venezia nell’anno in cui si celebrano i 1600 anni dalla sua fondazione, l’Archivio ha scelto di selezionare un centinaio di documenti che cristallizzano alcuni momenti della storia della Serenissima, e poi della Venezia in mano alle dominazioni straniere sino all’unione con l’Italia e i giorni nostri. Una mostra virtuale, dal titolo “I secoli di Venezia. Dai documenti dell’Archivio di Stato”, curata dall’archivista Andrea Pelizza e realizzata insieme ai funzionari dell’Archivio.
“Abbiamo operato una selezione documentaria suddividendo, per aree tematiche, la documentazione esemplificativa – spiega Pelizza – abbiamo fatto una scelta di alcuni elementi che potessero dare un’idea dell’abbondanza, della ricchezza della documentazione veneziana a testimonianza della vita di Venezia nei secoli. Qualcosa che potesse illustrare la vita politica, sociale, delle attività artistiche e, visto il tempo che stiamo vivendo di pandemia, anche gli assetti sanitari e assistenziali”. Una mostra virtuale, su piattaforma web dedicata (che vede la mano di Salvatore Toscano per quanto riguarda la grafica e web design), sia a causa dei lavori di ristrutturazione in corso nella sede dell’Archivio, sia per le restrizioni sanitarie.
“Abbiamo realizzato più di 100 di schede, arrivando a toccare gli anni ‘60 del 1900: quindi proponiamo una panoramica di quasi mille anni di documentazione – continua Pelizza – ad esempio, abbiamo antichi registri di cancelleria riguardanti organismi tra i più importanti della Repubblica Serenissima, come un registro che contiene le promissioni ducali”. Nelle promissioni ducali erano precisati i limiti entro i quali la figura del doge doveva contenersi nell’agire. Come sappiamo, il doge non era un principe, un sovrano assoluto come in altre parti d’Europa: veniva eletto dagli altri nobili veneziani ed era vincolato alla promissione ducale, doveva rappresentare un’incarnazione quasi fisica della maestà della Repubblica. In questo registro di promissioni sono contenute diverse promissioni di dogi tra il tredicesimo e il quattordicesimo secolo, perché ad ogni doge veniva integrato, generalmente con ulteriori restrizioni, il testo della promissione del doge precedente. Quindi ogni doge aveva la propria promissione. La figura dogale era affiancata da quella dei suoi consiglieri: i consiglieri ducali, che, a loro volta, giuravano di rispettare le leggi dello Stato e di non fare nulla che potesse essere negativo per l’ordinamento vigente. E nella mostra virtuale si può trovare il capitolare dei consiglieri ducali, nel quale sono contenuti i testi dei giuramenti, secondo cui ciascun consigliere agirà a tutela di Venezia, del suo bene, senza alcun interesse personale.
E se a Venezia la figura apicale era quella del doge, in realtà la Repubblica era un vero e proprio organizzato governo con magistrature deputate a gestire i singoli settori dell’amministrazione. E così, nel sito dell’Archivio si può vedere un capitolare dei Provveditori alla
sanità, importantissimo organismo della Serenissima creato per affrontare le situazioni gravi, dalle pestilenze alla gestione ordinaria e al coordinamento della vita sanitaria a Venezia e in tutte le città del dominio della Serenissima, di terra e di mare. E ancora: il primo privilegio rilasciato per esercitare la stampa a Giovanni di Spira, del 1469.
“Nell’ambito della mostra abbiamo voluto proporre anche dei documenti che testimoniassero le tantissime attività che si svolgevano a Venezia ad opera dei veneziani e dei tanti che accorrevano in città a esercitare il proprio lavoro – spiega l’archivista – In questo registro pergamenaceo abbiamo testimoniata la presenza di due fratelli tedeschi stampatori, Giovanni e Vindelino da Spira e viene autorizzata la loro “ars imprimendi libros”: sono i primi a Venezia che ottengono questo privilegio nell’anno 1469. A Venezia l’arte della stampa è stata importantissima e Venezia si è configurata come uno dei centri editoriali più attivi e con la produzione tra le più ricche a livello europeo, almeno fino al 1700”. Un documento importante è anche quello sottoscritto dall’architetto Baldassarre Longhena che si rivolge al doge e ai senatori per proporre di edificare, dopo la peste del 1630, un edificio su pianta rotonda in quanto evocativo della corona del rosario. C’è poi una sezione dedicata alla monetazione, dove ad esempio compare un documento del decimo secolo sulle prime sedi in cui si batteva moneta, che era uno degli elementi fondamentali della sovranità pubblica, e quindi sulla costruzione della fabbrica della Zecca da parte di Jacopo Sansovino. E poi i testamenti di uomini e donne vissuti in varie epoche, figure meno note ma anche artisti come Antonio Canova, Rosalba Carriera, il poeta Giorgio Baffo. Si tratta di documenti curiosi perché elencano i beni posseduti e testimoniano anche lo stato finale dell’esistenza di una persona, chi gli stava accanto e come aveva condotto la propria esistenza.
Primo in Italia per dimensioni, l’Archivio di Stato di Venezia nasce nel 1815 e viene fondato come archivio generale delle provincie venete in epoca lombardo-veneta con lo scopo di conservare i documenti che si pensava fossero utili all’azione di governo, anche ai governi succeduti
alla Repubblica di Venezia. La preoccupazione maggiore era quella di conservare in una grande sede la documentazione prodotta dalla Serenissima. E così, negli spazi prima destinati all’enorme complesso dei frati conventuali minori, fra il 1815 e il 1821 sono stati trasferiti tutti i documenti che prima trovavano posto a Palazzo Ducale, nelle sedi degli uffici di Rialto, negli archivi notarili, e quelli provenienti dalle corporazioni religiose soppresse, dalle Scuole Grandi, dalle
confraternite delle arti e dei mestieri. La mostra è visitabile fino al 28 febbraio sul sito https://1600anni.archiviodistatovenezia.it.